La crisi finanziaria del 2007-2008 provocò ingenti perdite in capo alle banche con il conseguente accumulo di crediti deteriorati, detti anche non-performing loans, ossia esposizioni nei confronti di soggetti che, a causa di un peggioramento della situazione economica e finanziaria, non sono più stati in grado di onorare i propri impegni finanziari.
È opinione diffusa che le regole contabili vigenti a quell’epoca abbiano accelerato e aggravato la crisi economica ritardando la rilevazione delle perdite su crediti e sulle altre attività finanziarie nei bilanci bancari. A quel tempo era, infatti, in vigore il principio contabile internazionale IAS 39 che non imponeva di operare accantonamenti prudenziali a copertura di eventuali perdite su crediti bensì di rilevare la riduzione di valore del credito solo al momento in cui sussistevano evidenze obiettive e identificabili con certezza.
Per tale ragione i principi contabili internazionali, soprattutto lo IAS 39, sono stati oggetto di particolare attenzione da parte dello IASB (International Accounting Standards Board) che è intervenuto sostituendo il medesimo con l’IFRS 9 imponendo regole più severe attraverso le quali le banche devono determinare con maggior “solerzia” gli accantonamenti per perdite da rilevare a bilancio al fine di garantire l’assorbimento di eventuali perdite in caso di deterioramento dei crediti concessi e al contempo di fornire una più corretta rappresentazione del valore delle attività finanziarie a bilancio.
L’IFRS 9, entrato in vigore il 1° gennaio 2018, pone in capo alle banche l’onere di monitorare la qualità dei crediti concessi ai clienti e di individuare precocemente eventuali segnali di crisi attraverso degli appositi indicatori predittivi, detti Trigger, e di operare la stima delle perdite attese derivanti da possibili eventi di default dei crediti. Il modello di calcolo di tali accantonamenti è il modello Expected Credit Losses che si basa su informazioni storiche, attuali e prospettiche dei soggetti affidati e altresì su dati macroeconomici che possono avere impatti sulla solvibilità dei medesimi.
Cosa prevede il principio contabile IFRS 9
Prima di entrare nel merito delle modalità di calcolo di tali accantonamenti vediamo cosa prevede in concreto il principio contabile IFRS 9.
Innanzitutto, gli istituti di credito devono classificare le esposizioni creditizie dei propri clienti secondo i tre seguenti stadi (detti stages):
- STAGE 1: comprende le esposizioni verso clienti solvibili e regolari che non presentano problemi di matrice creditizia e per questo sono denominati crediti “in bonis”.
- STAGE 2: ed è questa la vera novità dell’IFRS 9, che contempla le esposizioni verso clienti “under-performing”, ossia non deteriorate ma caratterizzate da un significativo incremento del livello di rischio a causa, ad esempio, di un ritardo nei pagamenti superiore ai 30 giorni.
- STAGE 3: include le esposizioni verso clienti “non-performing” ossia deteriorate e caratterizzate da un elevato livello di rischio di perdita.
In particolare, lo stage 3 in cui confluiscono i crediti deteriorati presenta a sua volta tre ulteriori sottolivelli di classificazione del credito in relazione alla gravità del deterioramento:
- Esposizioni scadute e /o sconfinanti deteriorate: in cui confluiscono esposizioni con ritardo dei pagamenti superiore ai 90 giorni e che superano la cosiddetta soglia di “materialità” che per le imprese ammonta a 500 euro in termini assoluti e in termini relativi all’1% dell’importo complessivo di tutte le esposizioni del soggetto.
- Inadempienze probabili (o “Unlikely to Pay”): in cui sono classificate le insolvenze per le quali la banca percepisce una seria difficoltà di recupero, se non attivando l’escussione delle garanzie a supporto del credito.
- Sofferenze: in cui confluiscono le posizioni deteriorate, diverse dalle precedenti, caratterizzate da uno stato di insolvenza anche non accertato giudizialmente e situazioni sostanzialmente equiparabili. Si tratta quindi di esposizioni che versano in una situazione persistente di instabilità patrimoniale e finanziaria tale da impedire il recupero integrale del credito da parte dell’intermediario anche attivando l’escussione delle eventuali garanzie.
Nel corso della loro vita i crediti possono, in caso di significativo aumento del rischio con successivo deterioramento, essere gradualmente declassati dallo stage 1 allo stage 2 e poi allo stage 3, con conseguente impatto sull’ammontare degli accantonamenti che le banche devono operare ai fini del bilancio; tuttavia, è altresì possibile il percorso a ritroso e quindi il ritorno a stage 1.
Quando scatta il declassamento del credito
Ma in quali situazioni si verifica un declassamento del credito? Come anticipato nell’ambito del principio contabile IFRS 9 le banche hanno l’obbligo di individuare precocemente eventuali segnali di crisi attraverso degli appositi indicatori predittivi (cd. Trigger), in parte stabiliti dal principio contabile e della normativa bancaria e in parte da criteri determinati dall’istituto di credito stesso.
L’IFRS 9 impone il declassamento del credito a stage 2 in caso di un ritardo dei pagamenti di qualsiasi importo esso sia superiore a 30 giorni e altresì in caso di concessione da parte della banca di misure di forbearance, ossia di una “concessione” al proprio cliente che versa in una situazione di temporanea difficoltà finanziaria, al fine di evitare il default. Le forbearances si sostanziano principalmente nella modifica alle originarie condizioni contrattuali, quali la rimodulazione del piano di ammortamento del debito con modifica della durata e della rata del prestito, o la moratoria, ossia la sospensione del pagamento delle rate o della sola quota capitale, per un determinato orizzonte temporale.
Le situazioni che conducono invece al declassamento a stage 3 ai sensi del principio contabile IFRS 9 sono a titolo esemplificativo, il ritardo dei pagamenti superiore a 90 giorni, una riduzione del patrimonio netto aziendale superiore al 50% tra due esercizi consecutivi nonché una riduzione del fatturato maggiore del 40% sempre da un anno all’altro, l’accesso a una procedura concorsuale.
Alle disposizioni dell’IFRS 9 si aggiungono anche le linee guida della BCE e le raccomandazioni dell’EBA (European Banking Authority) che hanno evidenziato alle banche la necessità di dotarsi di sistemi di allerta precoce (i c.d. sistemi di Early Warning) al fine di monitorare l’eventuale deterioramento dei crediti attraverso l’implementazione di indicatori quantitativi e qualitativi sulla base dei quali operare l’eventuale declassamento del credito. Nel contesto delle imprese gli indicatori di bilancio maggiormente adottati e contemplati dagli istituti di credito sono: il rapporto PFN/EBITDA e il DSCR.
Di cosa stiamo parlando?
Il rapporto PFN/EBITDA è il rapporto fra il debito netto (posizione finanziaria netta) e l’EBITDA aziendale che indica il numero di anni necessari all’impresa per rimborsare integralmente il proprio debito attraverso l’EBITDA generato dall’attività. La soglia di tale indicatore oltre la quale scatta la classificazione del credito in stage 2 è 6, mentre in caso di superamento del valore di 12 scatta la classificazione in stage 3.
Un altro indicatore particolarmente adottato è il DSCR (Debt service coverage ratio) in grado di esprimere la capacità di rimborso del debito aziendale e quindi la sostenibilità finanziaria dell’impresa. Nella formulazione più diffusa di tale indice vengono posti a rapporto l’EBITDA aziendale al netto delle imposte e il flusso di cassa a servizio del debito finanziario, costituito dalle rate previste a pagamento nei 12 mesi successivi nonché gli interessi passivi relativi al debito finanziario a breve termine.
La soglia di tale indicatore maggiormente contemplata al di sotto della quale scatta la classificazione del credito in stage 2 è 1,25 mentre nel caso di valori al di sotto di 1,1 nell’arco di due anni consecutivi, scatta la classificazione in stage 3.
Come sopra esposto, il credito nel corso della sua vita può subire un declassamento da stage 1 a stage 2, tuttavia è possibile un ritorno in bonis dopo un periodo di osservazione di 24 mesi (cd. probation period) durante il quale il cliente dovrà dimostrare di essere in grado di rimborsare i propri debiti alle scadenze dovute. I crediti classificati in stage 3, beneficiari di misure di forbearance, tornati regolari, cessano di essere classificati come crediti deteriorati dopo un periodo di 12 mesi (cd. cure period) e a seguito di un ulteriore periodo di osservazione di 24 mesi possono essere nuovamente classificati in stage 1, in assenza di sconfinamenti e ritardi. I crediti in stage 3 non beneficiari di misure di forbearance che regolarizzano gli arretrati sono invece sottoposti al solo cure period di 3 mesi prima del ritorno in bonis.
Come vengono quindi determinati gli accantonamenti per perdite attese in relazione allo stage del credito secondo il modello Expected Credit Loss?
Il modello Expected Credit Loss previsto dal principio contabile IFRS 9 stabilisce che per i crediti classificati in stage 1, l’ammontare delle perdite attese debba essere determinato considerando un orizzonte temporale di un anno mentre per i crediti in stage 2 e in stage 3, tale debba interessare l’intera durata dei crediti medesimi.
La formula di calcolo che viene utilizzata a tal proposito è la seguente:
Dove:
- PD è la Probability of Default ossia la stima della probabilità di insolvenza del cliente entro i 12 mesi successivi. Il valore di tale probabilità viene stimato attraverso modelli statistici interni da parte degli istituti di credito. Il simbolo di sommatoria viene posto a simboleggiare la somma delle PD di più esercizi in caso di stage 2 o 3 che rappresenta la c.d. PD lifetime.
- LGD è la Loss Given Default (LGD) e indica l’ammontare, espresso in termini percentuali, della perdita a carico della banca in caso di default del soggetto. In parole più semplici, si tratta della quota del credito che, in caso di default, non sarà possibile recuperare né in via stragiudiziale né in via giudiziale.
- EAD è l’Exposure At Default espressa in euro ossia l’esposizione del cliente al momento della valorizzazione della perdita attesa.
Abbiamo quindi compreso come la normativa bancaria abbia via via imposto requisiti più stringenti nell’ambito della valutazione del credito e per tale ragione è fondamentale che le imprese siano in grado di presidiare la propria situazione economica, patrimoniale e finanziaria, soprattutto in ottica prospettica, nonché di monitorare la propria capacità di rimborso del debito al fine di evitare le conseguenze derivanti da un declassamento a stage 2 o addirittura a stage 3.