Il PNRR è un programma di modernizzazione del Paese ma anche una grande occasione per il mondo produttivo, perché incentiva le imprese e le rende protagoniste dell’innovazione. Paolo Manfredi, responsabile Progetto Speciale PNRR di Confartigianato, che da mesi gira l’Italia per sensibilizzare e preparare le PMI a usare gli strumenti a disposizione, ci racconta com’è la situazione sul territorio e quali sono i punti più critici del Recovery Plan.
«Come Confartigianato, abbiamo realizzato un Osservatorio sul Recovery Plan, OREP, insieme all’Università di Roma Tor Vergata e a Fondazione Promo PA, predisponendo anche una guida che ha l’obiettivo proprio di far capire quali sono le misure che interessano le imprese».
Il PNRR e le risorse per le imprese
Il PNRR, lo ricordiamo, vale in tutto 235 miliardi di euro. Confartigianato calcola che per le imprese ci sono oltre 40 miliardi di euro, che si concentrano soprattutto sulla prima missione (digitalizzazione, competitività, cultura e turismo), 24,8 mld, seguita da istruzione e ricerca, 10 mld, e rivoluzione verde e transizione ecologica, 5 mld.
Per le imprese, il PNRR ha tre utilità di fondo, prosegue Manfredi. «La prima è sistemica: se modernizzo ho un Paese più forte, competitivo, e le imprese ne traggono vantaggio«. La seconda è «la parte degli incentivi diretti, a partire da quelli 4.0, che hanno acquisito una prospettiva pluriennale, oppure quelli sulla transizione ecologica». Ma «il grosso del PNRR sono gli investimenti pubblici, con la possibilità per le imprese di partecipare agli appalti».
La sfida nel nuovo quadro economico
Partiamo dalla prima sfida, quella sistemica. «E’ probabilmente la parte in maggiore tensione, perché sono cambiate le condizioni di contesto. Penso al ribasso delle stime di crescita, ai costi delle materie prime, all’inflazione». Sono elementi che rischiano di frenare il PNRR, o che ne suggeriscono un aggiornamento? «Nei giorni scorsi il direttore generale del ministero delle Finanze ha ribadito che non ci saranno correzioni. Ma questo non toglie che l’economia reale è in sofferenza». Il PNRR «doveva inserirsi in una prospettiva di crescita, di ripresa post Covid, e invece sconta un nuovo contesto del tutto diverso, e le imprese sono frastornate. Prima dello scoppio della guerra in Ucraina, c’era un sentiment diverso da parte delle imprese, ora hanno altre preoccupazioni. il costo dell’energia, le difficoltà di approvvigionamento. Sembra che il PNRR sia già vecchio».
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In questo scenario, si inserisce un «altro problema, non banale, di competenze. Le amministrazioni hanno un ruolo fondamentale, nel finanziare investimenti pubblici, e nel realizzare progetti. Ma spesso non hanno tecnici, competenze, personale». Di conseguenza possono non essere «in grado di gestire questa mole di lavoro con le tempistiche richieste».
Fino a questo momento lo stato d’attuazione sta procedendo puntualmente in base al cronoprogramma. «Il 2022 e il 2023 sono gli anni in cui si raggiunge il picco di spesa. Poi, bisogna portare tutto a termine nel 2026. «La sfida è entusiasmante», anche considerando che l’Italia è il Paese con più risorse. Ma ci sono problemi strutturali da risolvere. Uno di questi è la debolezza delle pubbliche amministrazioni. Un’altra, il modo in cui viene il passaggio di risorse e competenze: ci sono soldi che vanno direttamente dal Governo ai Comuni. Avremmo bisogno di un corpo intermedio, come erano le Province.
Il ruolo degli incentivi
Per quanto riguarda gli incentivi, «molte misure del PNRR riprendono e sistematizzano progetti che già c’erano, in questo caso c’è il dato positivo di dare una prospettiva triennale. Era un obiettivo che ci eravamo ripromessi da qualche anno, ma non era mai riuscito. Questa è quindi un’occasione per consentire alle imprese di fare trasformazione tecnologica sul lungo termine».
E la nota critica? «Abbiamo un disastro sulle competenze. Il vero problema della trasformazione 4.0 sono le competenze. Se non lo risolviamo, non riusciamo a smuovere gli investimenti». A chi spettano gli sforzi’? «Sicuramente alle imprese e alle associazioni come la nostra. Ma ci sta lavorando anche il MiSE, per esempio riformando il credito d’imposta sulla formazione, che fino ad ora non funzionato come da aspettative».
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Gli investimenti pubblici
E infine gli investimenti pubblici, quindi i bandi, che «possono far lavorare le imprese. Per esempio, se sono bandi a chilometro zero hanno una ricaduta molto positiva sui territori, e anche sulle imprese locali. Questa può diventare una partita rilevante, per modernizzare il Sistema Paese valorizzandone le specificità, anche dell’artigianato e del manifatturiero».
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Manfredi è invece più pessimista in relazione a bandi come quello sui borghi: «mi sembra inefficace, e anche contrario a una linea di sviluppo locale di lungo respiro. Bisogna allargare gli orizzonti, non spendere milioni per fare gli alberghi diffusi nei piccoli borghi. Mi sembra controintuitivo rispetto agli obiettivi generali». In generale, le opere pubbliche possono far lavorare l’edilizia, gli impiantisti, le imprese dei servizi, i fornitori di software. Positivi, secondo Manfredi, anche gli «incentivi alla modernizzazione, alla parità di genere, possono sviluppare nuove progettualità anche a livello di pubbliche amministrazioni».
Un punto di domanda, invece, sulle risorse al Mezzogiorno. Rappresentano il 40% del PNRR, «ma noi non abbiamo nemmeno il 10% della domanda di 4.0 nel Sud Italia». A maggior ragione, non è un buon motivo per stimolarla? «Il punto è che bisogna smuovere il sistema, e questo è un’operazione complessa, mi pare che stiamo facendo alcuni errori».
Cosa sta facendo Confartigianato sul PNRR
Confartigianato come si sta muovendo per aiutare le imprese? Oltre alle iniziative già citate, per esempio la partecipazione all’Osservatorio sul PNRR e gli strumenti messi a disposizione, come la Guida, che presenta tutti i dettagli dei bandi (costantemente aggiornati), e il road show sul territorio, c’è uno sforzo generale di assistere le PMI nella partecipazione ai bandi, nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, nell’utilizzo degli incentivi. E ancora: raccogliere buone pratiche e criticità derivanti dall’applicazione del PNRR, interlocuzione con il Governo sulla base di proposte progettuali «alte» e della veicolazione delle istanze locali, rafforzando il ruolo di corpo intermedio.