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Qonto: Carta Plus e nuove sfide Fintech

di Barbara Weisz

25 Ottobre 2019 16:00

Qonto presenta la nuova Carta Plus e ci racconta come le fintech possono aiutare le PMI: la vision del country manager Mariano Spalletti a margine di Smau Milano 2019.

Lancio di nuovi prodotti ma non solo: Smau 2019 per Qonto è stata anche un’occasione di incontro con aziende, professionisti, imprenditori.

Cerchiamo un contagio con le imprese, spiega Mariano Spalletti, country managar della neo-banca francese arrivata in Italia lo scorso maggio. Parliamo della loro attività, valutiamo se esiste già una soluzione fintech per quella tipologia di problema, e a quel punto vediamo cosa fa Qonto.

Anche la Carta Plus appena lanciata è un prodotto che nasce dall’ascolto dei clienti. «Ci siamo resi conto che alcune aziende ci chiedevano plafond più alti, magari per l’utilizzo diretto da parte dell’imprenditore», spiega Spelletti. La nuova carta raddoppia i tetti mensili di prelievo e spesa, rispettivamente a 2mila e 40mila euro, aumenta i massimali su una serie di eventi che sono coperti dall’assicurazione premium legata alla carta (ritardo del volo aereo, perdita o danneggiamento del bagaglio),  dimezza all’1% le commissioni sui pagamenti in valuta estera.

Dunque, le aziende hanno ora a disposizione sia la Carta One che resta l’opzione basa, sia la nuova Plus che offre a sua volta tutte le funzionalità del conto corrente Qonto.

Tra queste le più apprezzate dai clienti sono l’addebito diretto (che garantisce risparmio di tempo, semplicità e velocità nei pagamenti), l’auto-categorizzazione delle transazioni effettuate con carta e il servizio di supporto (che garantisce un tempo medio di 15 minuti).

Il bilancio di questi primi cinque mesi di presenza in Italia: volume di transazioni gestito pari a 40 milioni di euro, aumento dei clienti (che sono oltre 50mila nei tre paesi in cui è presente la banca, ovvero Francia, Spagna e Italia).

Non ci sono particolari settori di riferimento: Qonto si rivolge a PMI e professionisti in modo abbastanza trasversale.

«Mi sarei forse aspettato degli early adopter più tecnologici, come le startup, o aziende innovative del segmento tech», che si rivolgono più naturalmente a prodotti tecnologici. Invece «abbiamo clienti in settori anche molto tradizionali (esempio: un laboratorio di materie prime per lanifici)».

Per quanto riguarda la distribuzione geografica, «abbiamo clienti in tutta Italia. In valore assoluto, la Lombardia è al primo posto. Ma stiamo incrementando, per esempio, anche la presenza in Sicilia, dove abbiamo recentemente organizzato un evento».

L’azienda è impegnata nell’organizzazione di eventi di formazione ed education in tutto il Paese.

Spesso le PMI non conoscono le possibili soluzioni che il settore Fintech può offrire in risposta alle loro esigenze, magari danno addirittura per scontato che non ci sia una soluzione, «perchè sono abituate a servizi bancari di un certo tipo».

Magari sai che un conto corrente può avere una mobile app ma non che possa aiutare a gestire le spese o semplificare i rapporti con il commercialista. Qonto, ad esempio, utilizzando le tecnologie mobile e l’online, offre una serie di servizi complementari a quelli puramente banking.

Spalletti è positivo sul sistema fintech italiano. Sta crescendo, spiega, «vedo grossi progressi, ci sono hub di riferimento – per esempio il fintech district – che anche nel medio periodo saranno molto impattanti. Direi che siamo nella fase di education, e ci sono molte startup che consentono di sviluppare opportunità e nuovi modelli di business».

Ma per Spalletti l’intero settore delle startup, non solo fintech, merita maggior attenzione da parte delle istituzioni. «Gli investimenti italiani sono 1 a 15 rispetto a quelli della Francia».

Dunque, bene il nuovo fondo innovazione che stanzia 1 miliardo per l’ecosistema dell’innovazione, ma la Francia è avanti: nel 2015-2016 ha stanziato (sempre nell’ambito di un fondo specifico) 10 miliardi.

in Italia abbiamo  startupper bravissimi, che con pochi soldi fanno cose interessantissime.

Ma spesso, quando hanno bisogno di investitori, si rivolgono all’estero perché se in Italia riesci a raccogliere 200mila euro all’estero con un round seed raggiungi i 2 o 3 milioni.