La cessione del quinto dello stipendio è una delle forme più diffuse di finanziamento poiché consente al lavoratore di ottenere una somma di denaro il cui rimborso verrà effettuato direttamente dal datore di lavoro con addebito in busta paga.
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L’articolo 5 del D.P.R. 180 del 1950 prevede che i lavoratori dipendenti possono contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell’ammontare di tali emolumenti, valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni ovvero al numero di mesi necessari per il conseguimento del diritto al collocamento a riposo.
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Con il meccanismo della cessione del quinto dello stipendio il lavoratore trasferisce al mutuante una parte dei crediti maturati o che matureranno in futuro nei confronti del proprio datore di lavoro. Questa formula contrattuale è specificamente prevista dall’articolo 1260 del Codice Civile secondo cui il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il proprio credito anche senza il consenso del debitore purché il credito non abbia carattere strettamente personale ovvero l’operazione non sia espressamente vietata per legge.
Il contratto si formalizza tra il cedente (lavoratore) e il cessionario (istituto di credito). Non è necessario alcun intervento né accettazione del terzo soggetto (datore di lavoro). L’eventuale accettazione di questi non assume alcun rilievo come manifestazione di volontà diretta a produrre la cessione, piuttosto rappresenta una mera conoscenza dell’avvenuta cessione.
La cessione del quinto permette all’istituto di credito di concedere il finanziamento senza necessariamente valutare l’affidabilità del richiedente. Nel caso di crediti futuri l’effetto traslativo si verifica nel momento in cui il credito stesso viene a esistenza. Il diritto di credito si trasferisce al cessionario unitamente alle azioni dirette a ottenerne la realizzazione. Il cedente deve consegnare al cessionario i documenti probatori del credito che sono in suo possesso.