Tasse: sono le imprese italiane quelle che pagano di più in Europa. A confermare ancora una volta l’amara sentenza è l’indagine Confindustria-Deloitte sulla tassazione delle imprese nel Vecchio Continente, “Imposizione societaria, regimi fiscali a confronto”.
Una società per azioni nel nostro Paese può arrivare a pagare anche il 58% dell’imponibile in tasse, praticamente il doppio rispetto all’imposizione fiscale dei colleghi spagnoli (29%) e comunque una percentuale molto più alta di quella applicata in Germania o nel Regno Unito.
«L’imposizione fiscale complessiva in rapporto al reddito imponibile (effective tax rate), ha evidenziato il rapporto, è decisamente superiore in Italia (58%) rispetto alla Germania (43%), al Regno Unito (40%) e alla Spagna (29%)».
E il calcolo sul significato di questa ricerca è piuttosto semplice: «una società italiana con 380 mila euro di utile netto ne avrebbe guadagnati ben di più, circa 600 mila, se avesse avuto sede a Madrid».
Confindustria torna quindi alla carica proponendo soluzioni concrete ad un tale salasso alle imprese, sollecitando una riforma che vada ad alleggerire il peso del fisco su «chi tiene in piedi il Paese».
Meno tasse significa infatti avere più utili e quindi imprese più competitive sul fronte internazionale. Fa peggio di noi solo la Francia con un carico fiscale complessivo del 60%, derivante soprattutto dall’indeducibilità del compenso corrisposto ad amministratori esterni all’impresa. Ma secondo gli esperti le «scelte aziendali diverse» effettuate dai francesi avrebbe comunque reso il loro regime fiscale meno penalizzante rispetto a quello italiano.
Anche prendendo in considerazione la tassazione del reddito in capo ai soci dell’azienda per l’utile distribuito dalla società si conferma l’arretratezza dell’Italia rispetto agli altri Paesi. In particolare, ipotizzando una distribuzione del dividendo al 50%, l’imposizione fiscale sul socio sarebbe pari al 71% il Francia, al 66% in Italia, al 47% in Germania, al 38% in Gran Bretagna e al 27% in Spagna.
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