È la pressione fiscale una delle penali più alte che le imprese italiane pagano in termini di competitività: già nel 2009 la terza più alta tra i 33 paesi Ocse (43,5%), dopo Danimarca e Svezia. Burocrazia e adempimenti ostacolano le Pmi e, all’orizzonte degli Italiani, ci sono ben 694 scadenze fiscali e normative con cui confrontarsi nel 2011.
Le tasse in Italia, secondo Confesercenti, sono davvero tante: dichiarazioni e pagamenti si distribuiscono nei mesi, per un totale di 103 giorni l’anno.
Un bel numero, considerando che le giornate lavorative sono 252. Il mese più impegnativo è luglio con 74 appuntamenti con il Fisco: il picco è fissato al giorno 16 , giornata durante la quale scatta l'”ora X” per 45 adempimenti.
In media ogni mese accoglie una sessantina di scadenze, 54,8 per la precisione. Distribuendole sul calendario, ogni giorno è interessato in media da 2,75 scadenze burocratiche.
Se questi numeri sono già incredibili, non sono da meno quelli legati al tempo speso per prepararsi a tutto ciò: ogni azienda italiana dedica in media 285 ore l’anno per riuscire ad essere in regola con tutti gli obblighi previsti. Ore tolte al lavoro (60 in più della media europea) e che ci rendono tra i Paesi più pressati dall’inefficienza burocratica. Basti considerare che rispetto alla Francia e all’Olanda le ore perse dalle imprese per ottemperare agli obblighi fiscali sono la metà, in Spagna e Germania il 50% in meno.
Un peso che, come sempre, grava soprattutto sulle piccole e medie imprese: le Pmi spendono ben 2,7 miliardi all’anno per la burocrazia fiscale, per una media che va dai 1900 ai 2300 euro ad impresa.
La riforma fiscale – e in particolare la riduzione degli adempimenti – è diventata una necessità: eliminando le ripetizioni si potrebbero liberare 650 milioni di euro da destinare alle Pmi.
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