La Corte Costituzionale si è espressa in materia di contribuzione volontaria e più in particolare in merito al divieto di cumulo tra contribuzione previdenziale volontaria e contribuzione nella Gestione Separata nei casi di prosecuzione dell’attività lavorativa per un ridotto numero di ore e per redditi di importo inferiore a 3.000 euro annui (sentenza n. 114/2015). Tale divieto di cumulo non è da ritenersi incostituzionale.
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Il dubbio sull’ammissibilità della questione di costituzionalità era stato sollevato relativamente all’art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 184/1997 (ricongiunzione, riscatto e prosecuzione volontaria ai fini pensionistici) dalla Corte di Appello di Trieste nel procedimento vertente tra O. S. e l’INPS. La Corte riteneva infatti che il vietare il cumulo della contribuzione anche nei casi di “prosecuzione dell’attività lavorativa per un limitato quantitativo di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori a tremila euro annui”, determinasse una irragionevole disparità di trattamento rispetto ad attività di lavoro simili per impegno orario e per reddito conseguito, alle quali non si applica alcun divieto di cumulo. Più in particolare la Corte riteneva che venissero violati gli artt. 3, primo e secondo comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione.
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Dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, a partire dal D.Lgs. n. 61/2000, la Consulta ha giustificato la propria decisione di inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza, precisando che la Corte di Appello di Trieste non ha fornito alcuna motivazione sulle ragioni per le quali risulta necessario disapplicare il divieto di cumulo.
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