I contribuenti hanno iniziato a confrontarsi con le liquidazioni IVA dopo che la manovra finanziaria ne ha previsto l’innalzamento di un punto percentuale per l’aliquota che prima era fissata al 20%: il 17 ottobre è stato il primo giorno di liquidazione per chi paga con cadenza mensile.
L’aumento IVA al 21% in base agli aumenti introdotti dalla manovra finanziaria 2011 convertita in legge in settembre, è stata oggetto di recenti chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate (circolare 45 del 12 ottobre 2011).
Facciamo il punto su tutte le novità per aziende e contribuenti – alle prese con l’aumento dei prezzi – che ha comportato l’aumento IVA in termini di procedure contabili.
Aziende: quando e come applicare l’incremento IVA
Il giorno in cui la legge è entrata in vigore è il 16 settembre, e la regola generale è che tutte le operazioni avvenute dopo questa data devono prevedere la nuova aliquota. La discriminante, dunque, è il momento di effettuazione dell’operazione che avviene in base alle vecchie norme:
- Per le cessioni di beni immobili, fa fede la data di stipula del contratto/rogito notarile.
- Per le cessioni di beni mobili, il momento della consegna o della spedizione eventualmente indicato nel DDT di consegna.
- Per le prestazioni di servizi, il momento del pagamento del corrispettivo (nel limite dell’importo pagato).
L’operazione può ritenersi comunque “effettuata” anche prima di questi eventi in due casi: quando viene emessa fattura o quando viene pagato in tutto o in parte il corrispettivo, sempre limitatamente all’importo pagato o fatturato. Questo vale anche per gli acquisti intracomunitari di beni.
Questo significa che se, per esempio, un acconto è stato pagato prima del 16 settembre, l’aliquota resta al 20%, mentre «la maggior aliquota del 21% sarà applicata alle fatture a saldo emesse o ad altri eventuali acconti pagati successivamente a tale data». Analogamente, specifica l’Agenzia delle Entrate, «se entro il 16 settembre, è stata emessa una fattura anticipata, tale fattura resta soggetta all’aliquota del 20% anche se la consegna del bene o il pagamento del servizio avvengono successivamente alla data indicata».
Cessioni verso enti pubblici
Si tratta di operazioni particolari, per le quali è prevista (dalle vecchie norme, in particolare dall’art. 6 del dPR 633) l’esigibiità differita, secondo cui l’imposta diventa esigibile al momento dell’incasso indipendentemente dalla consegna del bene. Il differimento è previsto per le operazioni nei confronti dello Stato, degli enti pubblici territoriali (regioni, comuni e province) e dei relativi consorzi, delle camere di commercio, degli istituti universitari, degli enti ospedalieri e di quelli di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, nonché degli enti di assistenza e di previdenza.
Specifica l’Agenzia: «anche se il debito IVA nei confronti dell’Erario sorge nel momento della riscossione effettiva del corrispettivo, anziché nel momento di emissione della fattura o della consegna del bene, resta comunque invariato il momento di effettuazione dell’operazione al cui verificarsi sorge l’obbligo di emissione della fattura, che deve riportare l’indicazione “operazione ad esigibilità differita”, e della relativa registrazione».
Detto questo, per consentire l’applicazione della vecchia aliquota del 20%, è sufficiente che entro questa data sia stata emessa la fattura, anche senza che sia avvenuto il pagamento.
La manovra finanziaria bis prevede esplicitamente che l’aumento dell’aliquota al 21% non si applica «alle operazioni per cui entro il 16 settembre sia stata emessa e registrata la fattura» anche se «al medesimo giorno il corrispettivo non sia stato ancora pagato».
L’IVA di cassa
L’esigibilità differita è prevista anche per le operazione interessate al regime “Iva di cassa” (articolo 7 del decreto-legge 29 novembre 2008, n.185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2). In questo caso l’aliquota IVA si applica in base al momento di effettuazione dell’operazione.
Commercio al dettaglio
La manovra finanziaria bis ha modifica il metodo di calcolo IVA per i commercianti al dettaglio, a cui è ora imposto il metodo matematico. Quindi, per ottenere l’ammontare dell’imposta, bisogna determinare l’imponibile dividendo l’importo complessivo delle entrate per 121 (nel caso dei prodotti e servizi a cui si applica l’Iva al 21%, mentre i valori restano 104 per l’aliquota al 4% e 110 per quella al 10%). Non si può quindi usare il metodo di scorporo, in base al quale il lordo viene diminuito di una diversa percentuale a seconda dell’aliquota.
Correzione degli errori
L’Agenzia delle Entrate ha specificato che sarà concesso più tempo per «regolarizzare le fatture eventualmente emesse e i corrispettivi annotati in modo non corretto effettuando la variazione in aumento». Il problema è che passare da un giorno all’altro a una nuova aliquota può essere un problema anche tecnico, che richiede aggiornamento delle procedure o del software.
Quindi per quest’anno sarà ancora possibile emettere fatture con la vecchia aliquota del 20% senza incorrere in sanzioni. Poi bisognerà versare la differenza, e gli eventuali interessi, con le seguenti scadenze:
- Contribuenti che effettuano le liquidazioni mensili – entro il termine dell’acconto Iva (27 dicembre) per le fatture emesse entro fine novembre; entro il termine di liquidazione annuale (16 marzo) per quelle emesse in dicembre.
- Contribuenti che effettuano le liquidazioni trimestrali – entro il 27 dicembre per le fatture emesse entro settembre; entro il 16 marzo per quelle dell’ultimo trimestre.
Per il committente che ha ricevuto una fattura con aliquota al 20% anzichè al 21%, il termine per la correzione è il 30 aprile 2012.
L’aumento dei prezzi
I consumatori sono alle prese con gli aumenti dei prezzi dovuti all’applicazione delle nuove aliquote.
Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, una famiglia di tre persone spenderà 92 euro in più all’anno: 32 euro riconducibili a spese per i trasporti (benzina, gasolio, bisglietti di bus e treni); 18 euro per acquisto di mobili, elettrodomestici, abbigliamento e calzature; 12 euro per servizi ai minori e agli anziani, assicurazioni, cura della persona; 6 euro per comunicazioni (poste e telefonia); 5 euro per giochi, cultura e tempo libero.
L’aumento IVA non inciderà su una serie di beni di prima necessità, come alimentari, bevande, sanità, istruzione, abitazione, a cui continuano ad applicarsi le aliquote del 10 o del 4%.
Vediamo, sempre secondo i calcoli della Cgia di Mestre, quali sono gli effetti per diverse tipologie di reddito:
- Un contribuente che ha un reddito di 15mila euro spende 37,54 euro in più se non ha familiari a carico, e arriva a 60,64 euro se ha un coniuge e due figli.
- Un contribuente che ha un reddito di 30mila euro, spende da 58,7 a 77,84 euro in più.
- Per un reddito di 55mila euro, l’aumento è di 99,75 senza familiari e carico e arriva a 123,21 con un coniuge e due figli.