La recente Manovra Finanziaria ha disposto l’abolizione dell’ICE (Istituto per il commercio estero), misura alla quale Rete Imprese Italia si era opposta a gran voce e della quale ora tornano a parlare le aziende dell’Export e i sindacati FPCGIL, UILPA e FLP, esponendo le proprie richieste in una lettera al Ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani.
La soppressione ICE «incomprensibile e irresponsabile», soprattutto se si pensa che era stato segnalato come best practice della PA per qualità, efficacia ed efficienza dei servizi alle imprese italiane sui mercati esteri.
La lettera segue una richiesta presentata nei giorni al Governo, per avviare un tavolo volto a ricostituire l’Istituto per il Commercio Estero.
L’appello è sempre lo stesso: la soppressione dell’ICE costituisce per le imprese che puntano sull’internazionalizzazione ad un’ulteriore tassa e quindi bisogna ripristinarlo. Non una scelta politica ma una necessità tecnica. La proposta è quella di nominare un amministratore straordinario per
gestire la fase di ripristino operativo.
La mancanza del supporto ICE, infatti, significa più spese e perdita di tempo «per le iniziative da programmare sui mercati nuovi».
Penalizzate in primis le Pmi, per le quali è venuto meno questo importante punto di riferimento per le imprese all’estero: l’«unico ente che ci permette di apparire e dare lustro al Made in Italy».
Senza considerare il periodo di crisi che stanno ancora attraversando le nostre imprese e che ora «vedranno venir meno tante possibilità di acquisire quote di mercato all’estero».
Con la lettera inviata a Romani, le aziende sperano – così come i sindacati e tutti i dipendenti dell’ICE – che «chi ha avuto il potere di chiudere l’ICE, analizzi bene la questione e si ravveda» provvedendo a rilanciare un nuovo ICE «riformato e potenziato, ma che mantenga sempre la sua natura pubblica per poter essere l’ente di promozione di tutte le aziende italiane che vogliono affrontare i mercati e non solo di un gruppo privilegiato».