Nel 2011, per la prima volta dopo la crisi, il mercato della moda potrà forse vantare a fine anno due risultati positivi di seguito. Dopo l’aumento del 7,2% del fatturato nel 2010 (arrivato a 49,6 miliardi di euro) nel primo semestre del 2011 si sono registrati aumenti degli ordini tra il 10 e il 15%, e si prevede una seconda parte dell’anno positiva grazie soprattutto all’export. Nonostante ciò le imprese sono consapevoli del fatto che per uscire dalla crisi sarà necessario guardare ai mercati esteri, soprattutto ai paesi Bric (Brasile, Russia, India e Cina), che ad oggi assorbono solo il 7% dei prodotti della moda italiana, e che secondo le proiezioni sarà possibile recuperare il fatturato cancellato dalla crisi non prima del 2015.
Lo stesso vale per il settore del tessile che negli anni passati era stato tra i primi a risentire degli effetti negativi della crisi, subendo fortemente il crollo della domanda, ma allo stesso tempo per primo aveva beneficiato della ripresa, quando nel 2010 c’è stato un aumento del giro d’affari pari al 16,5%.
Secondo la Camera Nazionale della Moda però l’intensità della ripresa viene limitata da una debolezza dei consumi che ha assunto i caratteri della persistenza, in Europa e soprattutto in Italia, dove la fiducia nel rilancio è influenzata negativamente dall’opinione sulle prospettive economiche a breve termine. Puntare sui paesi Bric significa accedere a mercati che nel 2020 avranno consumi pari a quelli odierni dell’Europa a 27. A questo va aggiunta la zavorra dell’aumento dei costi delle materie prime, penalizzante soprattutto quando ci si muove su mercati internazionali, e i problemi atavici dell’Italia, come un fisco oppressivo, una pubblica amministrazione troppo rigida e una burocrazia lenta.
Ferma è dunque la volontà di accedere a nuovi mercati, ma le imprese della moda sono consapevoli delle difficoltà di questo passaggio, che molto spesso può essere considerato un vero e proprio salto nel vuoto. Per vendere all’estero, su mercati nuovi, sono necessari forti investimenti e collegamenti efficaci con il territorio in cui si decide di insediarsi, e per tutte queste ragioni diventa necessario esplorare le nuove vie solo dopo aver consolidato la propria presenza sui mercati tradizionali.