È illegittimo l’atto impositivo emesso in anticipo, ovvero senza rispettare il termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, anche se in concreto non ha comportato una violazione del contraddittorio e dei diritti di difesa del contribuente. Questo perché tale termine – che decorre dal rilascio al contribuente dell’avviso nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – serve a garantire il pieno svolgimento del contraddittorio procedimentale che, nel rispetto della Costituzione italiana, ad agevolare collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente.
=> Fisco: come difendersi dagli accertamenti
Di conseguenza serve per un migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. A chiarirlo è stata la Corte di Cassazione nella sentenza n. 4543/2015 con la quale ha respinto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana che dichiarava la nullità di un avviso di accertamento emesso prima di sessanta giorni dalla chiusura delle indagini, come previsto dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, senza che vi fossero particolari motivi d’urgenza.
=> Avvisi di accertamento: sospensione e impugnazione
L’Agenzia si difendeva affermando che la società accertata non aveva ricavato alcun pregiudizio al suo diritto di difesa per l’emissione anticipata dell’accertamento. Per la Cassazione tale motivazione non basta, è necessario che l’Amministrazione Finanziaria, in caso di avviso anticipato emesso prima dei 60 giorni dal rilascio del verbale conclusivo delle operazioni, dimostri le ragioni d’urgenza, altrimenti l’atto è sempre e comunque nullo. La decisione della Corte, si legge nella sentenza, si allinea con la giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza n. 18184 del 29 luglio 2013) secondo cui:
“Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio, che nel caso di specie nulla ha dedotto”.
La Corte precisa poi:
“Inoltre, è stato chiarito (sentenza n. 5367 del 7 marzo 2014 che il termine dilatorio fissato, a pena di nullità in assenza di particolari ragioni di urgenza, dall’art. 12, 7° co., della 1. n. 212 del 2000 si applica, al di là del mero tenore testuale della norma (che prevede “l’avviso di accertamento”), anche all’avviso di recupero di credito di imposta“.