Il sistema previdenziale italiano è pieno di falle, ma una soluzione per ovviare alla riduzione prograssiva delle pensioni può essere quella di investire nella previdenza complementare. Per effetto delle ultime Riforme delle Pensioni, gli assegni previdenziali sono sempre più bassi, la metà dei contribuenti dichiara redditi inferiori a 23.000 euro e versa contributi sotto i 6.000, chi ha la sfortuna di avere un lavoro precario corre il rischio di non percepire nulla (o quasi) – rendita mensile di 100 euro per un lavoratore co.co.co contro i 3.800 euro di un dirigente – e per le giovani generazioni si prospetta una pensione non oltre il 50% dello stipendio.
Pensione integrativa
La previdenza integrativa (normativa di riferimento, decreto legislativo n. 252 del 5 dicembre 2005) prevede trattamenti pensionistici complementari a quelli obbligatori volti ad assicurare al lavoratore in pensione un reddito adeguato. Per ottenere una pensione integrativa occorre accantonare i propri contributi presso un fondo che li collocherà nei mercati finanziari, con ricavi che determineranno il valore finale del montante utilizzato per erogare le prestazioni.
Adesione
La legge prevede la libertà di adesione individuale mediante sottoscrizione del modulo. Dopo due anni di adesione è possibile chiedere il trasferimento della posizione maturata presso un’altra forma pensionistica complementare.
Come scegliere il fondo pensione
Per prima cosa si guarda all’offerta, consultando il sito Covip.it (Commissione di vigilanza sui fondi pensione): nel database sono presenti tutti i prodotti di previdenza complementare italiana, con indicazione sintetica di costo (ISC). Una prima cernita la si fa guardando ai rendimenti, ai costi di gestione. Poi, a parità di risparmio e guadagno potenziale, si passa a selezionare i prodotti con commissioni più basse e rendite maggiori.
Versamenti
I versamenti alla previdenza complementare sono liberi. Ciò vuol dire che è possibile versare la somma che si ritiene necessaria, costante o variabile in percentuale al reddito, mensilmente, trimestralmente, semestralmente o annualmente. Tuttavia, è bene sapere che è possibile dedurre dal reddito un importo non superiore a 5.164,57 euro.
TFR
Il TFR maturando può essere versato ai fondi pensione, in modalità esplicita o tacita mediante silenzio assenso. Nel primo caso è il lavoratore che entro sei mesi dall’assunzione sceglie di conferire l’intero importo del TFR a una forma di previdenza complementare scelta autonomamente. In alternativa, a decorrere dal mese successivo alla scadenza del primo semestre di lavoro, il datore di lavoro provvederà a versare il TFR dei propri dipendenti silenti alla forma prevista dagli accordi collettivi.
Anticipi
In fase di contribuzione possono essere richieste anticipazioni di quanto è stato accantonato nel fondo, in qualsiasi momento fino a un massimo del 75% della posizione pensionistica maturata, per spese sanitarie, a seguito di gravissime situazioni che necessitano di terapie e interventi straordinari che riguardano l’iscritto o i suoi familiari. Decorsi otto anni, l’anticipazione può essere richiesta fino al 75% anche per l’acquisto della prima casa dell’iscritto o dei figli o per interventi di ristrutturazione, e fino al 30% per ulteriori esigenze.
Rendita o liquidazione
Il diritto alla prestazione pensionistica sorge al raggiungimento dei requisiti previsti dal regime obbligatorio. L’iscritto al fondo può accedere alle prestazioni pensionistiche in due modalità differenti: rendita periodica o liquidazione in capitale. La rendita periodica è una pensione vitalizia e rivalutabile, reversibile (trasferibile) al coniuge in caso di morte oppure non reversibile: in tal caso l’importo della prestazione sarà più elevato e, in caso di morte, il capitale residuo verrà incamerato dal fondo. In alternativa, la rendita potrebbe avere un importo prefissato e dipendere dal periodo di erogazione: più aumenta il tempo più bassa sarà la rendita. L’iscritto può richiedere la liquidazione in capitale per un importo non superiore al 50% del montante maturato sulla posizione individuale al netto di eventuali somme erogate a titolo di anticipazione non reintegrate.
Trattamento fiscale
Dall’1 gennaio 2007 le prestazioni complementari sono assoggettate a ritenuta d’imposta del 15%. L’aliquota si riduce dello 0,30% per ogni anno di permanenza nel sistema fondi oltre il quindicesimo. In ogni caso l’aliquota non può scendere al di sotto del 9%. I fondi pensione sono soggetti a imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari all’11% sui rendimenti ottenuti in ciascun periodo d ‘ imposta.
Ostacoli
Nel 2060 un parasubordinato con 63 anni d’età e 35 anni di contributi versati riceverà una pensione pari al 48% dell’ultima retribuzione. Se, invece, si sarà affidato anche alla pensione integrativa potrà arrivare al 71% dello stipendio. In Italia, tuttavia, la cultura della previdenza complementare non è sviluppata per mancanza di fiducia e denaro da investirvi: solo il 23% dei lavoratori dipendenti privati ha scelto di aderirvi contro il 91% degli altri Paesi europei. Il problema numero uno è trovare i soldi per la previdenza integrativa: quando gli stipendi sono al minimo e appena sufficienti per arrivare a fine mese, non si può pensare anche alla vecchiaia. Un altro è la mancanza di chiarezza, difficile orientarsi nella selva di offerte: oltre cinquecento tra fondi negoziali, aperti, preesistenti, piani individuali.