Il Decreto Sviluppo (Dl n.70/2011), nel suo testo originale (art. 8, comma 5, lettera g) concede alle banche la possibilità di derogare dalle direttive del Testo unico delle norme bancarie in materia di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali dei mutui, fatta eccezione per quelli stipulati con consumatori e microimprese. L’obiettivo di favorire le banche, invischiate in situazioni di insolvenza di aziende in crisi, con questo testo finisce per sfavorire pesantemente tutto il sistema produttivo del Paese!
Il rischio è ovvio, come evidenziato anche da Rete Imprese Italia: con lo “ius variandi” gli istituti bancari possono intervenire modificando i contratti di lunga durata, fino a variare in corsa e senza giustificazione i tassi dei mutui delle Pmi e delle grandi imprese.
In ogni caso il rischio potrebbe essere scongiurato: un accordo raggiunto tra banche e imprese (Governo, ABI e Confindustria) mira all’abrogazione della norma incriminata, che tocca tutti i contratti in corso al 13 maggio 2011 – ovvero alla data di entrata in vigore del decreto – e stipulati con soggetti non consumatori o microimprese.
La banca deve comunicare entro il 30 giugno 2011 le modifiche eventuali e il cliente ha 60 giorni dalla data di comunicazione per recedere dal contratto altrimenti accetta implicitamente le modifiche.
L’accordo si basa sull’introduzione di covenant per l’inserimento di clausole (questa volta condivise dalle parti, esplicite, e misurabili), in mancato rispetto delle quali dovrebbe essere possibile intervenire modificando i contratti e magari anche rivedendo i tassi di interesse quando necessario.
I covenant, quindi, mirerebbero a tutelare entrambe le parti: le imprese segnano un confine all’interno del quale non è possibile rettificare unilateralmente; le banche in situazioni potenzialmente pericolose comunicano il rischio. In questo modo, gli istituti di credito possono mettere in pratica variazioni che tutelino l’investimento attraverso la rinegoziazione, fino a prevedere possibilità di vantare l’esigibilità immediata delle somme.
Anche in questo caso consumatori e microimprese sarebbero esclusi.
Per quanto concerne l’individuazione delle clausole, si parla di parametrare degli indici di redditività delle imprese (quali MOL ed Ebitda) ma in ogni caso la revisione dei contratti deve essere accettata dal cliente in maniera esplicita, non ha valore quindi la formula del silenzio-assenso.
L’accordo, tradotto in emendamento al DL Sviluppo, in esame presso la Commissione Finanze e Bilancio della Camera, dovrebbe essere corredato da una disciplina transitoria che tutelerebbe entrambe le parti per le modifiche contrattuali unilaterali messe in pratica dagli istituti di credito nel periodo che intercorre tra il 13 maggio e la data di entrata in vigore dell’emendamento, così da scongiurare discriminazioni ed evitare una rincorsa, da parte delle banche, ad imporre modifiche prima della applicazione dell’intesa tra le parti.