Nonostante per il momento la Svizzera resti nella “black list” dei paradisi fiscali, l’Italia ha raggiunto in questi giorni un accordo sullo scambio di informazioni fiscali che spiana la strada per l’ingresso di Berna nei Paesi “white list” e, soprattutto, incentiva l’adesione alla voluntary disclosure, la legge sul rientro capitali recentemente approvata. Il motivo: l’intesa sullo scambio di informazioni fiscali comporta per chi aderisce alla “collaborazione volontaria” un dimezzamento delle sanzioni e del periodo su cui si pagano le imposte arretrate (cinque anni, e non dieci).
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Accordo Italia-Svizzera e rientro capitali
Queste facilitazioni per chi aderisce al rientro capitali (legge 186/2014) scattano subito, in virtù dell’accordo raggiunto fra Italia e Svizzera (la firma definitiva è prevista per metà febbraio). Per far diventare invece operative le clausole specifiche dell’intesa con Berna (che riguardano anche, ad esempio, il trattamento fiscale per i transfrontalieri e norme specifiche per Campione d’Italia), saranno necessari tempi più lunghi: l’iter prevede le ratifiche dei parlamenti nazionali. In vista, potrebbe esserci anche la definitiva adesione della Svizzera agli accordi OCSE sulla trasparenza fiscale.
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Nel frattempo, comunque, l’accordo sullo scambio di informazioni ha effetto immediato sulla mini sanatoria rappresentata dalla voluntary disclosure. La legge, come è noto, consente il rimpatrio, o anche l’emersione di capitali mai dichiarati in Italia, pagando interamente le imposte dovute (per gli anni ancora accertabili), ma con uno sconto sulle sanzioni. C’è anche una sorta di condono penale per alcuni reati fiscali che normalmente prevedono anche pene detentive, e per il nuovo reato di autoriciclaggio (che punisce chi cerca di “ripulire” somme che sono frutto di un reato, spesso di natura fiscale, da lui stesso commesso).
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L’impatto sulla voluntary disclosure è importante, perché la Svizzera è il paese in cui si trova la maggioranza dei capitali degli italiani trasportati all’estero: sarebbero circa il 50%, su una cifra totale misurata fra i 150 e i 200 miliardi di euro. L’accordo comporta, in molti casi, il dimezzamento delle sanzioni per il rientro capitali.
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Cambio franco svizzero – euro
Non solo: la Svizzera ha anche sganciato la propria valuta (il franco svizzero) dall’euro, togliendo il tetto di cambio di 1,20 (che era stato deciso nel 2011, il momento in cui la crisi del debito era più acuta, e si voleva evitare un eccessivo apprezzamento del franco, dannoso per l’economia). E anche questa è una misura che, di fatto, può avere un effetto positivo per chi rimpatria i capitali, perché la conversione in euro (visto che il franco è immediatamente salito) diventa più conveniente e quindi riduce le spese dell’adesione alla collaborazione volontaria.
Tasse transfrontalieri
Per quanto riguarda, infine, gli altri risvolti dell’accordo (Campione d’Italia e transfrontalieri), i tempi di attuazione sono più lunghi, al momento c’è solo una sorta di road map, un’intesa su un percorso di massima, che dovrà essere dettagliato. Al momento, gli italiani che lavorano in Svizzera pagano le tasse oltreconfine (quindi con aliquote più basse di circa il 15% rispetto a quelle italiane), e poi è la Svizzera che trasferisce allo stato italiano una parte degli introiti (circa il 40%). L’accordo prevede invece una sorta di doppia tassazione, per cui il lavoratore pagherebbe una quota (fra il 60 e il 70%) alla Svizzera e la restante parte direttamente al fisco italiano. In una prima fase le imposte per i trasnfrontalieri non aumenterebbero, ma sul lungo periodo è destinata a ridursi la forbice del 15% fra le due fiscalità. Da subito, ci sarebbe invece una complicazione burocratica, visto che i contribuenti sarebbero tenuti a una doppia dichiarazione: su questo, però, intereverrebbe la semplificazione determinata dalla dichiarazione dei redditi pre-compilata (che parte da questo 2015 in Italia solo per dipendenti e pensionati ma che entro il 2017 sarebbe invece estesa a gran parte dei contribuenti).