La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 25 del 7 gennaio 2015, ha chiarito quale è la corretta disciplina degli interessi che deve versare il datore di lavoro in caso di conversione del rapporto di lavoro alla luce del Collegato Lavoro del 2010. Più in particolare il datore di lavoro, condannato alla conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, dovrà versare al prestatore le somme riconosciute a titolo di interessi a partire dalla data della sentenza con cui viene disposta la conversione del rapporto.
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La decisione della Cassazione deriva dalla considerazione che la somma riconosciuta al lavoratore a titolo di indennità rappresenta un forfait a titolo di credito da lavoro. Si tratta dell’indennità prevista dall’art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010, omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. In una precedente sentenza (la n. 21001/2014) la stessa Corte di Cassazione aveva precisato che:
“L’indennità prevista dall’art. 32 legge n. 183/10 trova applicazione ogni qual volta vi sia un contratto a tempo determinato per il quale operi la conversione in contratto a tempo indeterminato e, dunque, anche in caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto dal giudice l’accertamento della nullità di un contratto di somministrazione lavoro convertito – ai sensi dell’ultimo co. dell’art. 27 d.lgs. n. 276/03 – in un contratto a tempo indeterminato tra lavoratore e utilizzatore della prestazione”.