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Nucleare sì o no: costi e benefici

di Paolo Di Somma

28 Aprile 2011 10:00

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Analisi dell'impatto economico della produzione di energia nucleare: dalla localizzazione del reattore al fattore "sicurezza".

La fonte di energia “alternativa” su cui si concentrano le maggiori attenzioni governative è il Nucleare, nonostante lo stop alla normativa per la definizione dei siti per le future centrali e nonostante la spada di Damocle che incombe sul Referendum di giugno.

Impatto economico

Strettamente connessa alla conformazione geologica del paese e al fabbisogno idrico per il suo raffreddamento, la localizzazione dell’impianto è fondamentale per quantificare il rapporto costi/benefici. Al di là della tecnologia impiegata. L’enorme quantità di acqua necessaria – molto maggiore rispetto ad una centrale termoelettrica che, oltre a “bere” di meno, hanno l’enorme vantaggio di poter essere spente completamente – impone di avere un bacino idrico sempre pronto all’uso e a piena portata (garanzia che i fiumi italiani non danno). In Italia quindi, le centrali si possono costruire solo sulle coste marittime, con tutte le valutazioni del caso.

Anche se le centrali elettronucleari non producono direttamente gas serra (da qui la definizione di “energia pulita” da parte di alcuni), ed hanno (tutte) gli handicap della produzione di radioattività di medio e lungo periodo e dello smaltimento delle scorie nucleari, ogni tipologia di reattore possiede caratteristiche proprie in termini di sicurezza, costi ed efficienza.

I reattori oggi disponibili sono identificati come Gen III e Gen III+ (come l’EPR di cui si parla nel nostro paese), sviluppati dagli anni ’90 come evoluzione della Gen II sviluppata negli anni ’60, cui appartiene gran parte degli impianti nucleari in esercizio.

I reattori Gen III+ dovrebbero avere più elevati livelli di sicurezza, una riduzione dei costi, maggiore vita utile, e migliori prestazioni del combustibile con relativa riduzione dell’impatto ambientale a parità di energia prodotta, anche se secondo alcuni autori quest ‘ ultima caratteristica sarebbe da dimostrare.

La generazione successiva (definita da alcuni il “Nucleare sicuro”), ovvero quella dei reattori di quarta generazione, sarà probabilmente disponibile dopo il 2030. Prima dell’abrogazione referendaria, l’Italia stava studiando una tecnologia a minore efficienza energetica ma a minor impatto ambientale, utilizzando come barre di combustibile materiale non arricchito e quindi meno radioattivo.

Molti articoli e studi rimarcano la convenienza economica del Nucleare come punto a favore degli investimenti su questa fonte di energia. Volendo affrontare l’argomento dal punto di vista dei costi, però, a mio avviso la tendenza a considerare il Nucleare e le Rinnovabili come rivali è fuorviante.

Per prima cosa è difficile confrontare il costo effettivo (costo del kWh da energia di base) dell’energia prodotta e distribuita a partire da queste fonti. Secondariamente, si tratta di fonti dalle caratteristiche diverse, a volte opposte e a tratti complementari.

Le centrali nucleari di base sono in grado di produrre energia costantemente, anche quando non serve e sono utili per gestire una domanda stabile, ma necessitano del supporto di altre fonti per garantire energia durante i picchi. Eolico e solare, invece, hanno una produzione non programmabile (anche se in Italia è operativo l’impianto Archimede, un impianto solare termodinamico ad alta temperatura in grado di lavorare h24) ed hanno bisogno dell ‘ assistenza da altre fonti per evitare oscillazioni nell ‘ offerta di energia.

Tra le fonti alternative, molti sono gli studi che confermano un ritardo economico (seppur attenuato dal prezzo della CO2 dovuta a Kyoto) del geotermico e del fotovoltaico, maggiore risulta invece la convenienza dell ‘ eolico.

In un periodo di forte oscillazione per i mercati dell’energia e finanziari, è improponibile ragionare basandosi solo su studi e analisi (che comunque troverete qui di seguito) in quanto troveremmo dati troppo contrastanti.

L’Enea, infatti, nel 2005 ha stimato un costo di 2 c€/kWh per il nucleare mentre nel 2009 studi americani (MIT di Boston) attestano il costo sui 7/9 c€/kWh, con l’ENEL che nel 2010 torna a 6 c€/kWh, cui rispondono studi che parlano di 10/20 c€/kWh. D’altro canto non ritengo sia corretto, nemmeno porre come termine di paragone, il prezzo a cui compriamo l’energia elettrica francese, in quanto questa è energia in esubero presa a prezzo di “saldo” (solito discorso che l’energia elettrica non si può conservare…).

Questi dati inoltre risultano sempre previsioni (ora ottimistiche ora pessimistiche) in quanto è difficile considerare, nel costo finale, sia la spesa che gli stati devono sostenere per realizzare, gestire (e smantellare) una centrale nucleare e le scorie (costi, come nel caso degli eco-incentivi, non imputabili direttamente alla fonte di energia beneficiaria, ma ripartiti su tasse e imposte che ricadono su cittadini ed imprese a vario titolo), sia le dilatazioni dei tempi di costruzione, sia il mercato del combustibile.

Altri impatti

Un altro aspetto da considera per valutare l’uso dell’energia nucleare, è la possibilità di ridurre la dipendenza da petrolio, gas e carbone. La capacità di una nazione di essere indipendente dal punto di vista della risorsa energia (gli scambi di energia elettrica tra i diversi paesi ci saranno sempre per compensare eccessi di produzione/domanda) rappresenta, ovviamente, un obiettivo strategico necessario a garantire i giusti presupposti di crescita al sistema economico (cfr. articolo precedente), soprattutto in periodi di forte turbolenza internazionale.

Non si deve sottovalutare, poi, l’impatto sociale sia per nuove istallazioni che per i siti di smaltimento. L’analisi di impatto ambientale va estesa al ciclo del combustibile (estrazione, purificazione e arricchimento, trasporto e stoccaggio), che hanno il loro impatto anche in termini di consumo di risorse idriche ed energetiche.

Poiché i rischi legati ad incidenti nucleari sono fortemente dipendenti dalle distanza, con una zona di massima allerta compresa in un’area di 25-30 Km di raggio, è normale prevedere che installazioni in aree popolate o con una forte propensione industriale o turistica non trovi molti favori da parte della popolazione residente (abbiamo già parlato della localizzazione di una centrale elettronucleare).

Sicurezza

Questo parametro è rafforzato dalle definizioni degli incidenti proposta dalla IAEA, ovvero la scala INES (International Nuclear and Radiological Event Scale – scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici).
Questa scala divide guasti ed incidenti nucleari in sette livelli distinti, ed a ciascun livello corrisponde una descrizione degli effetti, sulla salute umana e sull’ambiente:

  • Livello 7 – Incidente molto grave: fuoriuscita di grandi quantità di sostanze radioattive con certe e diffuse conseguenze per la salute delle persone e l’ambiente, che richiedono l’attuazione di contromisure pianificate ed estese. (Chernobyl, 1986)
  • Livello 6 – Incidente grave: fuoriuscita di quantità significative di sostanze radioattive tali da richiedere, per limitare conseguenze certe per la salute delle persone e l ‘ ambiente, l ‘ attuazione di contromisure pianificate.
  • Livello 5 – Incidente con conseguenze diffuse: fuoriuscita di limitate quantità di sostanze radioattive tali da richiedere, per limitare probabili conseguenze per la salute delle persone e l’ambiente, l’attuazione di alcune contromisure pianificate. (Three Mile Island, 1979)
  • Livello 4 – Incidente con conseguenze locali: fuoriuscita di minime quantità di materiale radioattivo tali da richiedere, per evitare possibili conseguenze per la salute delle persone, un piano locale di controllo degli alimenti. (Saint-Laurent, 1980)
  • Livello 3 – Guasto grave: quando all’interno di un impianto nucleare si verificano più di 10 casi di eccessiva esposizione degli operatori alle radiazioni senza effetti letali.
  • Livello 2 – Guasto: quando all ‘ interno di un impianto nucleare si verificano casi sporadici di eccessiva esposizione degli operatori alle radiazioni.
  • Livello 1 – Anomalia: se si verifica una anomalia di funzionamento che provoca livelli di radioattività leggermente superiori ai limiti operativi di sicurezza senza immediate conseguenze per la salute delle persone.
  • Livello 0 – Deviazione: evento non significativo per la sicurezza

Per fare un riferimento alla situazione attuale di Fukushima, le indicazioni vanno da un livello 7 a livello 5: la situazione ad oggi non è stabilizzata e pertanto molte misure risultano transitorie (per approfondire Summary of Reactor Unit Status at 29 March 2011).

Sul fronte sicurezza, anche qui potete fare riferimento a quanto già scritto sui GEN3+: credo che l’unica riflessione da considerarsi universalmente valida è quella di Carlo Rubbia, il quale già da tempo ha poi posto il problema di trovare un processo veramente sicuro cominciando a ricercare la cosiddetta sicurezza intrinseca, ovvero la sicurezza data dalla natura del processo e garantita dalle leggi della fisica piuttosto che da apparecchiature di controllo e procedure.