Il Governo Renzi prepara una Riforma della RAI che promette cambiamenti sia sul fronte del canone, che dovrebbe essere parametrato al reddito degli utenti e probabilmente anche ai consumi, sia su quello della governance, con l’intento di rendere la TV di Stato più indipendente dalla Politica.
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Riforma canone RAI
Sul fronte canone RAI, lo sforzo è quello di combattere la forte evasione sul tanto odiato tributo (il 27% la quota stimata di non pagatori) cambiando le regole attuali, dopo che nei mesi scorsi si era cominciato a parlare di modalità “coercitive”, tipo quelle di abbinare il pagamento forzato del canone a quello della bolletta elettrica, dando per scontato che qualunque italiano che abbia attivato un contratto di fornitura elettrica debba necessariamente possedere un apparecchio televisivo.
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Nella nuova proposta di riforma, si parla invece di rapportare l’importo del canone RAI richiesto al reddito: non più un abbonamento a quota fissa come quello attuale di 113 euro, quindi, ma tariffe da 35 a 60 euro in base al reddito. La riduzione rispetto all’attuale canone sarebbe possibile destinando al suo finanziamento una parte dei proventi della Lotteria Italia. In più, potrebbe essere introdotta un’imposta sul consumo, che però comporterebbe la necessità di misurare con precisione le abitudini televisive dei contribuenti.
Riforma governance RAI
Secondo indiscrezioni e anticipazioni di stampa, in preparazione c’è un disegno di legge o decreto, in programma per fine anno o comunque, in tempo per le prossime “nomine“: il mandato di Anna Maria Tarantola, presidente, e di Luigi Gubitosi, direttore generale, termina a maggio 2015 e l’obiettivo è scegliere i successori con la riforma approvata, quindi con un nuovo sistema. L’idea allo studio è quella di costituire un Consiglio di indirizzo formato da cinque membri, fra i quali il presidente e l’amministratore delegato, scelti fra una rosa di candidati selezionati da organismi neutri. Dunque un meccanismo meno legato alla Politica di quello attuale, che vede il Tesoro (socio di maggioranza) indicare un presidente che poi passi il vaglio della Commissione di Vigilanza RAI, organo parlamentare bicamerale. A esprimere la rosa di candidati (in pratica il CdA) sarebbero “organismi neutri“: quali? Si parla di SIAE (Società italiana autori ed editori), CRUI (Conferenza dei rettori delle università italiane) e AgCom (Autorità per le Garanzie delle comunicazioni).E’ bene sottolineare che si tratta solo di ipotesi, l’unica certezza è che il Premier Renzi vuole cambiare le regole del servizio pubblico televisivo, come anticipato al Parlamento in sede di presentazione del programma dei Mille Giorni:
«Al termine dei mille giorni ci sarà una riforma della Rai in cui la governance sarà sottratta ai singoli partiti. Lo dico io che sono il capo del partito più grande in Italia e che rivendica con orgoglio di non aver mai incontrato l’ad dell’azienda pubblica»
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Indipendenza RAI
Al lavoro sul Dossier RAI ci sono il sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli e il collega all’Editoria Luca Lotti. Non mancano posizioni critiche, anche sul fronte politico: affidare nomine e governance RAI a un organismo di tecnici, comunque espressione della Politica, non servirebbe necessariamente e salvaguardare l’indipendenza di Viale Mazzini. Fra le best practice a cui si guarda con maggior interesse c’è la governance della BBC inglese – con due organismi separati e indipendenti: Trust (con poteri di indirizzo e di vigilanza, composto da membri di nomina governativa) ed Executive Board (CdA esecutivo)- e di France Television, il cui board è formato da 15 membri nominati da organismi diversi (governo, parlamento, personalità indipendenti). Si cerca, insomma, l’alchimia giusta per formare un gruppo dirigente che garantisca la mission della TV pubblica salvaguardandone l’indipendenza.
Se sulla futura governance non ci sono certezze ma solo ipotesi di lavoro, sull’azionista non sembrano esserci dubbi: resterà al 100% il ministero del Tesoro; niente public company ad azionariato diffuso come prevedeva la Legge Gasparri (da questo punto di vista mai applicata).