La proposta di versare parte del TFR in busta paga a partire dal 2015 è ancora avvolta nell’incertezza sollevando dubbi, critiche e perplessità da più parti (sindacati, imprese, opposizioni), ma anche i primi endorsement, da Bankitalia ai colossi dell’industria come Fiat e Telecom. L’ipotesi del Governo (avanzara dallo stesso premier Matteo Renzi) non è stata ancora definita nei particolari: la percentuale di TFR (Trattamento di Fine Rapporto) da anticipare con le retribuzioni mensili (per un periodo da uno a tre anni) sarebbe del 50%, con l’alternativa di un anticipo in un’unica soluzione (una sorta di tredicesima aggiuntiva) degli accantonamenti.
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Non è nemmeno chiaro quale sarebbe la normativa con cui attuare la misura (Legge di Stabilità? Provvedimento ad hoc?), ma se non altro cominciano a farsi strada ipotesi concrete per la copertura di tal misura, che ovviamente non può ricadere sulle spalle delle imprese in questo già grave momento di crisi. Le anticipazioni del Governo riguardano infatti la possibilità di un accordo con l’ABI per destinare alle PMI i finanziamenti a lungo termine erogati dalla BCE alle banche, così da non gravare sui datori di lavoro. Nel frattempo, però, il dibattito resta vivace, senza che si calmi l’allarme tra le imprese e che si riducano le richieste dai sindacati.
TRF e costi per PMI
Le preoccupazioni principali riguardano infatti le ripercussioni sulla liquidità di cassa delle piccole imprese, che dovrebbero rinunciare a miliardi in accantonamenti, in genere utilizzati per attività e investimenti a breve termine dei datori di lavoro. Unimpresa stima un SOS da 5,5 miliardi di euro e la Cgia di Mestre calcola che l’anticipazione del TFR avrebbe un costo annuo per impresa da 3 a 30mila euro (da cinque e quaranta dipendenti). Spiega Giorgio Merletti, presidente di Rete Imprese Italia:
«per i lavoratori il TFR è salario differito, per le imprese un debito a lunga scadenza. Non si possono chiamare le imprese ad indebitarsi per sostenere i consumi dei propri dipendenti». In una fase di perdurante crisi, «è impensabile che le piccole imprese possano sostenere ulteriori sforzi finanziari, come quello di anticipare mensilmente parte del TFR ai dipendenti. Dopo aver subito, soltanto nell’ultimo anno, una contrazione del credito erogato dal sistema bancario del 5,2%, pari a oltre 8 miliardi di euro, ora alle piccole imprese verrebbe chiesto di erogare diversi miliardi in anticipazione del TFR. Siamo di fronte alla “misura perfetta”, se si vuol dare una mano a far chiudere decine di migliaia di piccole imprese che stanno resistendo stremate da 6 anni di crisi e difendono in tal modo migliaia di posti di lavoro».
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Copertura BCE
Il Governo pensa alla copertura attraverso una convenzione con le banche, al fine di erogare credito ad hoc sfruttando le iniezioni di liquidità già programmate della Banca Centrale Europea. Una proposta ben vista dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il quale ricorda che «le banche sono libere» di decidere come impiegare i prestiti Tltro della BCE purché siano destinati a finanziare l’economia reale, a partire dalle PMI. E proprio per studiare le migliori opportunità di impiego dei fondi BCE c’è già stata una prima riunione tecnica presso il MEF, coinvolgendo Bankitalia, Cdp e ABI. Su questo punto rassicura le imprese anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «se si creano le condizioni si può fare, altrimenti meglio lasciar perdere». L’importante sarebbe garantire alle imprese di accedere a questo credito compensativo a tassi inferiori alla attuale rivalutazione del TFR (1,5% annuo + il 75% dell’inflazione).
TFR e aumenti in busta
Dal punto di vista dei lavoratori, il dipendente di una ditta artigiana con cinque addetti prenderebbe 460 euro all’anno (35 euro al mese in più), quello del negozio di abbigliamento 539 euro (38 euro al mese), il lavoratore dell’azienda con 25 dipendenti 521 euro (40 euro al mese), mentre nell’impresa con 40 addetti si prenderebbero 550 euro in più all’anno (42 euro al mese).
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TFR e sindacati
Sul fronte sindacale Cgil chiede tre chiarimenti: quale tassazione si applicherebbe all’anticipo del TFR, cosa succede se il lavoratore vuole investire la liquidazione nella previdenza integrativa e se sull’anticipazione si lascia libertà di scelta al lavoratore visto che, come dichiara il segretario Susanna Camusso:
«nessuno dica che si stanno aumentando i salari dei lavoratori, quelli sono soldi dei lavoratori, frutto dei contratti e delle contrattazioni e non una elargizione di nessun governo e non è un nuovo bonus se no, davvero, siamo alla disinformazione».
Dello stesso avviso Maurizio Landini (Fiom): «il TFR è salario dei lavoratori e penso si possa fare una cosa semplice: mettere in condizione ogni lavoratore di scegliere quello che vuol farne». Il tutto, lasciando la tassazione sul TFR così com’è, non applicando le normali aliquote fiscali (che la alzerebbero). Anche Anna Maria Furlan, segretario Cisl in pectore, insiste: «il TFR è meno tassato dello stipendio, non vogliamo che in questo modo i lavoratori paghino più tasse anche su quello».