Sì alla modifica radicale dell’articolo 18, ma senza abolizione del reintegro per i licenziamenti discriminatori e disciplinari: è la proposta per il Jobs Act che Matteo Renzi ha rivolto alla direzione del Pd, votata a larga maggioranza (85%). Nessun marcia indietro sulla riduzione dei contratti applicabili, invece, con l’eliminazione delle collaborazioni coordinate e continuative; l’obiettivo è spingere quello a tutele crescenti, da applicare a tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato e che non ammetterà la tutela dell’articolo 18: da capire se solo in fase iniziale (da quantificare) o per sempre. Infine, si conferma la riforma degli ammortizzatori sociali, da estendere a nuove categorie di lavoratori e calcolati con un nuovo meccanismo proporzionato all’anzianità contributiva (chi perde il lavoro dopo molti anni percepisce un’Aspi più alta).Su tutto, si registra un’apertura del Governo verso i sindacati, con il quale aprire un tavolo di confronto, subito accettato pur rimanendo critici sulla riforma. Ora, il dibattito sulla Riforma del Lavoro torna in Senato seguendo la strada tracciata. Vediamo dunque come si delinea il ddl delega alla luce dei cambiamenti votati in direzione.
I licenziamenti
Renzi insiste sulla necessità di riformare le norme sui licenziamenti ma mette in campo un’apertura verso le istanze della minoranza, che mal digerisce le modifiche apportate al testo del ddl in commissione al Senato.
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Al momento, il Ddl prevede che ogni nuovo contratto di assunzione a tempo indeterminato venga stipulato secondo il nuovo modello di contratto unico a tutele crescenti (a partire dall’entrata in vigore della riforma). La formulazione del testo approvato parla di “tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio“, lasciando aperti ampi spazi di negoziato sul rapporto fra nuove tutele e vecchio reintegro.
Reintegro o indennizzo
Alcune forze di maggioranza di governo (Nuovo Centro Destra e Scelta Civica) si sono espresse favorevolmente all’eliminazione dell’articolo 18 (tranne nei casi di licenziamento discriminatorio), prevedendo un indennizzo economico crescente con l’anzianità di servizio. La minoranza del Pd ha presentato un emendamento che prevede, invece, dopo un determinato periodo di assunzione (ad esempio, tre anni) il diritto al reintegro.
Il punto di mediazione previsto da Renzi e votato in direzione Pd: il diritto al reintegro resta per i licenziamenti discriminatori e per quelli disciplinari, mentre decade del tutto (lasciando spazi all’indennità economica) nel caso di licenziamento per motivi economici. In pratica, viene mantenuto l’attuale impianto dell’articolo 18, come rivisto nel 2012 dalla Riforma Fornero (che già aveva eliminato l’obbligo di reintegro nel caso dei licenziamenti economici): si prosegue su questo cammino, ma senza eliminare il reintegro per motivi disciplinari.
I nuovi contratti
Il secondo punto fondamentale del Ddl Delega Lavoro è la riforma dei contratti di assunzione. Da una parte viene introdotto il contratto unico a tutele crescenti che sostituisce l’attuale tempo indeterminato, dall’altra vengono eliminate forme flessibili come i co.co.pro. (collaborazioni a progetto). Resta l’apprendistato e i contratti a tempo determinato, appena riformati con il Decreto Lavoro Poletti e destinati ad essere, per l’azienda, più onerosi rispetto a quello a tutele crescenti ma comunque privi di particolari vincoli.
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Dibattito aperto su altre forme di flessibilità, ad esempio il lavoro a chiamata. Un emendamento, approvato in Commissione Lavoro al Senato, prevede lavori saltuari in tutti i settori con soglia di reddito innalzata; un altro passato in Aula ripristina la soglia di 5mila euro di reddito annuo sopra la quale non è possibile stipulare un contratto a chiamata.
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Mansioni e controllo
Sono altri due capitoli aperti, su cui il grosso della matassa si sbroglierà nel corso del dibattito in Aula.
Come emendato in Commissione, il Ddl Delega apre al demansionamento: in caso di riorganizzazione aziendale si prevede la possibilità di modificare l’inquadramento, ma i sindacati su questo punto sono sul piede di guerra.
Si prevede poi la revisione dei controlli a distanza dei lavoratori (“in linea con l’evoluzione tecnologica”), andando a modificare l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, che vieta di utilizzare impianti audiovisivi e altre apparecchiature per queste finalità. Qui, si tratta di stabilire il limite al concetto, che resta con la nuova formulazione di «tutela della dignità e riservatezza del lavoratore».
TFR
Si pensa ad anticipare, dal gennaio 2015, metà TFR in busta paga con versamenti mensili, per un determinato periodo di tempo (da uno a tre anni), ma bisogna prima trovare adeguate compensazioni per le imprese, che in vista del provvedimento temono ripercussioni negative sulla liquidità. Questa misura sarà affrontata in vista della Legge di Stabilità 2015 e non rientrerà nel Ddl Delega Lavoro., così come la conferma del bonus di 80 euro strutturale.