La rivoluzione che dal primo gennaio ha reso obbligatoria la distribuzione e l’utilizzo presso gli esercizi commerciali di sacchetti biologici in sostituzione di quelli inquinanti ha generato il caos non solo tra gli esercenti ma anche tra le Pmi produttrici a causa delle lacune normative della riforma: i sacchetti non sono tutti uguali in termini di materiale, resistenza e tempo di decomposizione, senza contare che il costo per il cliente finale è raddoppiato.
«Non sono stati definiti i requisiti tecnici che indichino quali siano i materiali che rispondono alla biodegradabilità richiesta» ha spiegato Emanuela Bettini, presidente Unionchimica Torino.
L’unione della piccola e media industria chimica che associa produttori e trasformatori di film plastici ha denunciato «la giungla che si è creata» chiedendo al Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo un incontro per rappresentare le preoccupazioni dei produttori.
Sono necessari ulteriori investimenti, oltre i 100mila euro per adeguare impianti e cicli produttivi, e sono necessarie regole precise per la definizione della biodegradabilità e tempi adeguati, definiti dalle amministrazioni locali, per smaltire le scorte e arrivare con gradualità al divieto di utilizzo delle buste di plastica.
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