Il mercato della produzione e fornitura di prodotti per i marchi della grande distribuzione è in continua ascesa. Sono circa 1.500 le aziende copacker italiane, delle quali il 90% appartiene al mondo delle Pmi. Un comparto significativo considerando il giro di affari di 6,4 miliardi di euro, che con il margine del 25-30% applicato dalla grande distribuzione organizzata (Gdo) raggiunge quota 8,1 miliardi.
È quanto emerge dal Rapporto annuale sulla marca commerciale, sviluppato presso l’Università di Parma da Guido Cristini, che fotografa situazione e trend di questo particolare segmento.
La Gdo investe sempre di più nei prodotti dei copacker, conquistando una quota di vendite del 15,4% con un +5,5% di crescita in volume rispetto il 2009. Mediamente si contano 220 copacker (+10% rispetto al 2009) per ogni catena alle quali si richiedono prodotti e prestazioni sempre più elevate.
Nello specifico la richiesta è quela di rispettare rigorosamente le regole e ottenere certificazioni internazionali, con tanto di confezioni ecosostenibili e la massima efficienza nella produzione. Una serie di investimenti per le Pmi, che spesso vengono ripagati con un incremento del periodo contrattuale, che varia tra i 2 e i 10 anni.
Le copacker stanno inoltre acquisendo un peso significativo anche nelle attività di rinonvamento dell’offerta delle Gdo, soprattutto per gli alimentari confezionati. ma anche per i prodotti per la casa e i surgelati.
Nonostante i buoni profili di miglioramento del mercato al momento rimane il problema fondamentale della crescita significativa delle materie prime, attualmente quasi completamente sulle spalle dei copacker. Un incremento di costi del 25-30%, ancora non digerito dalle Gdo, che non riconoscono alle aziende partner il giusto bilanciamento economico.