Una nuova sentenza della Corte di Cassazione (sentenza 18 luglio 2014, n. 16462) conferma la legittimità delle dichiarazioni di terzi raccolte in sede di verifica fiscale dalla Guardia di Finanza e trasfuse nel processo verbale di constatazione, recepito dall’avviso di accertamento: esse assumono valore indiziario.
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Questo significa che le testimonianze dei lavoratori possono essere utilizzati legittimamente, unitamente ad altri elementi, come prova per il recupero delle ritenute fiscali sui compensi per lavoro dipendente corrisposti ai medesimi lavoratori, non iscritti nei libri obbligatori. Il caso riguardava un’azienda che aveva presentato ricorso contro un avviso di accertamento ricevuto in qualità di sostituto d’imposta per omesse ritenute fiscali sui compensi pagati a dei lavoratori impiegati in nero.
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I controlli si erano basati esclusivamente sulle dichiarazioni dei presunti lavoratori e sull’esame di provvedimenti giudiziari civili. Il giudice d’appello aveva accolto il ricorso dell’azienda ritenendo che le dichiarazioni acquisite da terzi durante i controlli fiscali debbano ritenersi “sfornite ex se di una qualsiasi efficacia probatoria” a meno che non trovino riscontro in altri elementi di prova documentali. Successivamente però la Suprema Corte hanno riformato tale decisione precisando che nel processo tributario le dichiarazioni del terzo acquisite dalla GdF hanno valore indiziario e quindi sono pienamente utilizzabili quali elementi di convincimento del giudice unitamente ad altri elementi.