Avviati i lavori del tavolo ministeriale sui costi del POS, necessario per adempiere all’obbligo dal primo luglio, per commercianti e professionisti, di accettare pagamento elettronici oltre i 30 euro: l’obiettivo è arrivare ad un compromesso, evitando il gravare di oneri eccessivi sulle spalle delle Partite IVA. Per fare un esempio, secondo Confcommercio il meccanismo delle commissioni è oggi tale per cui un’impresa con un minor fatturato paga, in proporzione, di più rispetto a una che incassa cifre superiori.
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Costi sproporzionati
Uno studio dell’associazione ha valutato i costi per due diverse imprese, una con fatturato di 150mila euro, l’altra di 400mila euro. Per la prima, è stato stimato un incasso tramite POS di 75mila euro, per la seconda di 200mila euro. Ebbene, fra canone annuo, commissioni (calcolate all’1,5%) e spese di gestione, l’impresa che fattura meno paga un totale annuo di 1.920 euro di POS, la seconda di 3.645 euro. In termini percentuali, la prima impresa spende il 2,56% (IVA inclusa), la seconda l’1,82%.
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Il tavolo tecnico
La prima riunione deltavolo avviato dal Ministero dello Sviluppo Economico, si è tenuta il 16 luglio: è stato aperto un confronto che la partecipazione stabile del dicastero dell’Economia e della Banca d’Italia che poi, di volta in voi, sentirà le diverse parti in causa. Il primo vertice è stato dedicato a Consorzio Bancomat e ABI (banche). Il prossimo appuntamento è fissato per il 22 luglio, sempre con i principali operatori del mercato dei pagamenti elettronici, per completare l’analisi dei costi e delle commissioni per installazione, manutenzione e utilizzo dei POS. Nelle settimane seguenti sarà la volta delle organizzazioni di categoria di commercianti, artigiani e professionisti.
Pagamenti elettronici
Obiettivo del tavolo, spiega il ministero guidato da Federica Guidi, è quello di mettere a punto un percorso comune che da una parte porti all’abbattimento dei costi per gli esercenti, dall’altra sostenga un maggior utilizzo dei pagamenti elettronici. La finalità del Governo di promuovere i pagamenti tracciabili (carte, bonifici e via dicendo), nasce anche dalle risultanze del confronto europeo da cui l’Italia risulta il paese in cui sono meno diffusi. Il paese con più transazioni è la Francia, 398 miliardi, il doppio rispetto a Germania e Italia. Sul fronte bonifici al primo posto c’è la Germania, che doppia la Francia e surclassa l’Italia (ferma a 7.800 miliardi). Anche in tema di addebiti diretti (ex Rid), l’Italia è indietro rispetto ai principali partner europei. Colmare questo gap è un obiettivo condiviso da Confcommercio, che però avverte: i costi
«non possono ricadere esclusivamente sugli esercenti, come attualmente avviene». Il provvedimento che entrerà in vigore il 29 luglio sulla riduzione delle commissioni bancarie «si limita ad enunciare alcuni principi di carattere generale che non hanno ricadute in termini positivi e reali sulla vita delle imprese». Si tratta del nuovo regolamento sulle commissioni, che dovrebbe, fra le altre cose, commisurare i costi ai volumi d’affari.
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Conclusione: il tema di una più ampia diffusione della moneta elettronica non può essere circoscritto ai pagamenti tramite carte di plastica introducendo, di fatto, nuovi oneri a carico di soggetti dotati di minore potere contrattuale nei confronti del sistema bancario, ma va ripensato in termini più ampi. Le richieste di Confcommercio: tetti massimi alle commissioni interbancarie in coerenza con quanto previsto dalla proposta di Regolamento della Commissione Ue del 24 luglio 2013, ridefinizione della clausola di “non discrimination rule” per favorire gli strumenti di pagamento più efficienti, in coerenza con quanto previsto anche dal Libro verde della Commissione europea del 2012 “Verso un mercato europeo integrato dei pagamenti“. E la detraibilità fiscale di tutti gli oneri legati all’installazione e alla gestione del POS.
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