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IVA sulla Pubblicità online: da Web a Equity Tax

di Noemi Ricci

Pubblicato 2 Luglio 2014
Aggiornato 9 Luglio 2014 10:07

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Ancora dibattiti sulla questione Web Tax, uno dei temi caldi per il premier Renzi; secondo Boccia è una priorità per il primo semestre di presidenza UE.

Torna alla ribalta il tema della Web Tax, questa volta in occasione del convegno “Economia digitale e industria culturale” tenutosi a Montecitorio. A riproporla è l’onorevole Francesco Boccia, che riporta all’attenzione del premier la necessità di discutere e decidere sul tema della tassa digitale. Secondo l’onorevole del PD si tratta di una misura da prevedere nel semestre di presidenza italiana della UE, insieme a tutte le altre misure che in generale parlano di economia e fisco digitale.

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Riemerge quindi la prescrizione relativa all’obbligo di partita IVA italiana per le società che operano sul mercato dell’Advertising online, inizialmente introdotta nella Legge di Stabilità, ma attualmente in sospeso. Principalmente questa misura è vista di buon occhio per contrastare lo strapotere e l’eccessiva libertà per le grandi multinazionali del web come Google, Apple, Facebook e Amazon, che attualmente possono realizzare introiti nel nostro Paese senza passare per il fisco.

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“Una questione di civiltà per l’Europa”, sostiene l’onorevole, che evidenzia come non si tratti di una tassa aggiuntiva, ma semplicemente dell’IVA che pagano tutte le aziende italiane ed europee per operare sui mercati nazionali. “Economia reale ed economia digitale non possono essere mondi distinti” prosegue l’onorevole evidenziando come ad esempio la Coca Cola deve aprire una partita IVA se vuole essere presente in uno dei Paesi dell’Unione Europea, mentre questo non accade per Internet.

Deciso anche il commento di Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo l’Espresso, che si aspetta un intervento immediato del premier:

“Da Renzi ci aspettiamo quello che aveva promesso, cioè che il problema venisse risolto in chiave europea”.

Anche Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, è sulla stessa linea, e sottolinea come

“I cosiddetti Over-The-Top stanno facendo una concorrenza sleale perché non c’è una parità di trattamento con gli operatori tradizionali come noi a livello fiscale”.