La Corte di Cassazione, con la sentenza 23303 che depositata lo scorso 18 novembre, definisce le modalità in cui l’azienda può in qualche modo sorvegliare l’operato dei propri dipendenti avvalendosi di un investigatore privato.
Il datatore di lavoro può richiedere l’intervento di un detective per identificare eventuali comportamenti anomali e fraudolenti della propria forza lavoro impiegata all’interno dell’azienda.
Per farlo, tuttavia, devono essere rispettate precise regole, ovvero che «i controlli posti in essere da dipendenti di un’agenzia investigativa» devono essere messi in atto “operando come normali clienti e non esercitando potere alcuno di vigilanza e di controllo, verificando eventuali ammanchi di cassa da parte del personale addetto”.
Pertanto, il datore di lavoro non può richiedere alcuna prestazione di differente tipologia, come può essere un pedinamento, troppo lesiva nei confronti dell’impiegato e dei suoi diritti, anche in materia di privacy.
Quello che quindi è lecito fare, per non contravvenire alle garanzie a tutela dei lavoratori stabilite dal contratto nazionale, che vieta l’utilizzo di mezzi di controllo a distanza, è limitarsi a «presentare alla cassa la merce acquistata, a pagare il relativo prezzo e a constatare la registrazione della somma incassata».