Pronti i primi calcoli sui risparmi dovuti al tagli IRAP del 10% previsti dal Decreto IRPEF (taglio del cuneo fiscale per i dipendenti, con relativo aumento in busta paga). La Cgia di Mestre calcola un risparmio medio 2014 per azienda di 402 euro (5%), raddoppiato a 804 euro dal 2015, quando la misura andrà a regime (per 12 mesi). Ecco il risparmio medio per tipologia aziendale rispetto al 2013: una persona fisica esercente attività d’impresa risparmierà 73 euro, una società di persone 170 euro, una società di capitali quasi 1.500 euro. Cifre che raddoppiano nel 2015.
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Beneficiari
Il risparmio sull’IRAP riguarda una platea di 1,7 milioni di persone fisiche, 676mila società di persone e 682mila società di capitali. L’ammontare totale dello sgravio (il minor gettito IRAP) è pari a 1,2 milioni nel 2014 e a 2,4 dal 2015. Come spiega Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia di Mestre:
«oltre 3 milioni di aziende subiranno una leggera contrazione del carico fiscale. Le più beneficiate, chiaramente, saranno le imprese con il maggior numero di dipendenti: tuttavia anche quei lavoratori autonomi che svolgono la propria attività senza alcun collaboratore potranno godere di una lieve contrazione d’imposta. Un segnale, seppur ancora timido, che va nella giusta direzione».
Riduzione aliquote
- Imprese dal 3,9% al 3,5%
- Banche dal 4,65% al 4,2%
- Assicurazioni dal 5,9% al 5,3%
- Concessionarie dal 4,2% al 3,8%
- Settore agricolo dall’1,9% all’1,7%
Reazioni
Sul provvedimento nel suo complesso, le PMI di Rete Imprese Italia avrebbero voluto maggiore attenzione per gli autonomi esclusi del bonus IRPEF (gli 80 euro di aumento per i dipendenti). il presidente Marco Venturi chiede di tenere conto anche delle PMI, soprattutto in considerazione della crisi di questi anni, «con tantissime imprese che hanno chiuso, bruciando ricchezza e lavoro». Dino Scanavino, presidente della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) riscontra «segnali decisamente positivi». Più scettico Paolo Longobardi di Unimpresa:
«l’intervento una tantum sull’IRPEF è sbagliato e non favorisce la ripresa. Per rimettere in moto l’economia era indispensabile una misura strutturale capace sia di dare fiducia alle famiglie sia di dare alle aziende, seppur indirettamente, uno strumento utile per offrire, a parità di costo, retribuzioni più alte, anche in prospettiva di nuove occupazioni».
Critiche
Fra i commmenti più critici quello dell’ABI. Spiega il presidente Antonio Patuelli, secondo cui il forte aumento della pressione fiscale deliberato dal cdM si sommerebbe a quello deciso il 25 novembre scorso dal precedente governo Letta:
«i due provvedimenti hanno determinato l’aumento dell’anticipazione IRES 2013 al 130% per banche e assicurazioni, l’enorme addizionale dell’8,5% sull’IRES 2013 sempre di banche e assicurazioni, la rivalutazione delle quote di Bankitalia (ultimi in Europa!) con l’imposta del 12% disposta dalla Legge di Stabilità per tutte le rivalutazioni» ora aumentata al 26% «anche con effetti retroattivi giuridicamente più che discutibili».
Risultato:
«l’Italia pienamente inserita nell’Unione Europea e anche nell’Unione Bancaria, penalizza fiscalmente le banche operanti in Italia rispetto a quanto avviene alle concorrenti degli altri paesi UE, addirittura nell’anno degli esami a tutte le banche europee che cosi verranno svolti con ancor più disparità fiscali».
Pronta la risposta del Governo, per voce del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta:
«Mi sembra una reazione sproporzionata: capisco che esiste un problema di tassazione aggiuntiva, però in una situazione dove l’obiettivo è la ripresa del Paese, dell’economia e soprattutto dei consumi, ognuno deve fare la sua parte, comprese le banche».