L’anno in corso chiudere il suo bilancio occupazionale in rosso: entro dicembre 2010 potrebbero arrivare a quota 2,2 milioni i senza lavoro, a causa del persistente scarso tasso di assunzione da parte delle aziende che, durante l’anno, hanno preferito tagliare le spese licenziando personale.
È quanto emerge dall’analisi della Cgia di Mestre (Associazione Artigiani Piccole Imprese), che ha comparato gli indici di disoccupazione provinciale con con le stime dell’indagine conoscitiva Excelsior-Unioncamere.
Il risultato è tra un totale di 980.550 licenziamenti, contro 802.160 di nuove assunzioni previste entro fine anno: in pratica, più licenziati che assunti. Pertanto, in virtù delle stime, la disoccupazione nazionale potrebbe salire dell’1%, giungendo all’8,7%.
La situazione peggiore si registra nel Sud d’Italia, soprattutto a Napoli, Bari e Catania. Tuttavia, dati negativi si segnalano anche al Nord, dove emerge un forte impoverimento in termini di risorse umane dell’industria manifatturiera.
Le città più a rischio sono Milano (che potrebbe raggiungere un totale di 13.060 lavoratori in meno), Torino (7.730) e Napoli (5.650) che tra l’altro già parte da un altissimo tasso di disoccupazione pari al 14,6%.
A seguire le altre importanti città italiane, tutte in forte crisi. Basti pensare a Brescia (5.400), Bergamo (5.280), Treviso (4.990) e Roma (4.500), ma soprattutto a Bari (4.320) che nel 2009 ha rilevato un tasso dell’11,1% e a Catania (2.550) il cui tasso era dell’11,3%.