Dopo le dimissioni di Claudio Scajola, il Ministero dello Sviluppo Economico è ancora senza ministro, per il momento sostituito da Silvio Berlusconi. E a subirne le conseguenze sono le imprese, le quali stanno sperimentando uno stallo dei pagamenti degli aiuti. Tante, troppe, le imprese che hanno ricevuto sulla carta l’approvazione dei finanziamenti pubblici ma che di fatto non hanno ancora ricevuto un euro.
Esasperate dalla situazione, 140 aziende che partecipano al programma di innovazione Industria 2015 hanno inviato una lettera di protesta a Berlusconi in qualità di premier e ministro ad interim.
Il tutto, mentre il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, in commissione Bilancio alla Camera, dichiara l’inutilità di una manovra aggiuntiva nel 2010.
I contratti di innovazione lanciati a gennaio da Scajola non sono mai decollati, così come i contratti di sviluppo per i quali, pur essendo stati presentati nel 2009, non è mai arrivato il decreto attuativo. Non va meglio neanche per i contratti di programma con circa venti contratti giacenti nonostante siano già stati finanziati con oltre 500 milioni di euro.
Nel periodo 2000-2006 sono stati approvati 95 contratti per i quali al 31 dicembre scorso sono stati erogati 1.164 milioni di euro, contro un contributo pubblico complessivo di 3.758 milioni. Nell’arco del 2009 sarebbero stati sbloccati solo 74 milioni. Nel 2008 era arrivata l’estensione dei contratti di programma a tutto il territorio nazionale ma poi il 6 luglio 2009 Invitalia, l’agenzia che gestisce le procedure, ha comunicato la sospensione delle domande per contratti in Abruzzo, Molise e regioni del Centro-nord per carenza di disponibilità di risorse finanziarie.
A tutto questo si aggiunge la mancata riforma del sistema incentivi, prevista dalla legge sviluppo 2009 e rinviata a data da destinarsi anche a causa delle dimissioni di Scajola.
Nessun vantaggio, infine, neanche dalle novità introdotte dalla manovra nel nome del federalismo fiscale, che consentirebbero ad Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di modificare le aliquote Irap. Difficile, infatti, che queste regioni riescano a sopportare il conseguente calo di gettito soprattutto a fronte dei tagli imposti dalla manovra e che quindi mettano realmente in atto l’abolizione dell’imposta.