Marketing e target giovanile: luci e ombre

di Alessia Valentini

18 Agosto 2010 09:00

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Pubblicità: rivolgersi ai giovanissimi sfuttando i giovanissimi? Più rischi che vantaggi: facciamo il punto sul Kid Marketing

Nell’ambito del Marketing si è abituati a tutto: tra strategie e trucchi, tutto sembra lecito pur di catturare e l’attenzione del potenziale cliente. L’ultima frontiera consiste nel coinvolgimento dei giovanissimi, per trasmettere messaggi virali fra coetanei. Coinvolti dalle agenzie di pubblicità, diventano ambasciatori di marchi.

Se ad una Pmi si propone di ricorrere a testimonial in erba, è bene che approfondisca prima confini normativi e reali possibilità di successo, perché oggi clienti e pubblico sono molto sensibili alle campagne pubblicitarie eticamente poco corrette. L’effetto fnale può dunque essere controproducente se non addirittura dannoso per l’immagine aziendale.

Target giovanile

È un dato di fatto che i giovani siano un target ad altissimo potenziale, soprattutto per il web marketing: connessi in Rete più a lungo degli adulti; capaci di accedere ad Internet da posti differenti; partecipativi ad una largo spettro di attività online; facilmente adattivi alle novità.

Le aziende hanno dunque iniziato a studiare e individuare i luoghi virtuali dove immettere messaggi pubblicitari sfruttando la naturale ricettività dei giovani. Il passaggio al Web 2.0, la nascita delle community e dei social network hanno accresciuto ulteriormente la quantità e tipologia di spazi da cui far nascere e crescere strategie commerciali e di marketing verso i minori.

Fino ad oggi, però, giovani e bambini erano solo un obiettivo della pubblicità, mentre il Kid Marketing li rende strumento operativo delle campagne promozionali. Questa “innovazione” introdotta nel mercato è un ulteriore passo a cui però si deve prestare attenzione.

Kid Marketing

L’agenzia di marketing inglese Dubit ha dato vita a questo filone creando una community, un social network di giovanissimi iscritti al proprio sito web allo scopo di reclutare (dai 7 anni in su, con retribuzione pari a 28 euro settimanali) testimonial pubblicitari.

L’iscrizione per i minori di 16 anni richiede l’autorizzazione dei genitori e i ragazzi automaticamente ricevono a casa campioni gratuiti di alcuni prodotti o vengono inviati a riunioni ed eventi di promozione. A loro volta i bambini iniziano una catena di promozione commerciale con i loro coetanei attraverso passaparola e organizzando a loro volta feste e riunioni.

Qualsiasi prodotto orientato ai ragazzi è pubblicizzabile in tal modo: del servizio si sono avvalsi anche marchi noti come Coca Cola Company e Mattel. Oltre a Dubit, numerosi altre agenzie (es.: l’agenzia americana in4merz.com) utilizzano le comunità di iscritti per promuovere band musicali in voga tra i giovani, ecc.

I controlli del committente

Le conseguenze in termini di vendite potrebbero essere entusiasmanti ma anche trasformarsi in un boomerang come per la Dubit, dopo l’avvenuta divulgazione del meccanismo pubblicitario! Il problema etico di base è il coinvolgimento di minori in attività pubblicitarie.

Quindi, è importante che l’azienda committente verifichi le modalità implementative dell’agenzia pubblicitaria quando vengono proposte tecniche di Kid Marketing. In particolare si consiglia di verificare: il corretto processo autorizzativo; il taregt di riferimento; le modalità e tecniche di sponsorizzazione (volantinaggio, invio di prodotti a casa, organizzazione di eventi o feste…).

Normativa in Italia

Cosa prevede la legge italiana in materia di pubblicità e tutela dei minori? Non c’è una legge specifica che vieti esplicitamente il loro coinvolgimento per la pubblicità ma ci sono due codici di autoregolamentazione: il Codice di autodisciplina pubblicitaria (che viene adottato dalle agenzie operanti nel settore); il Codice di autoregolamentazione Tv e minori (che disciplina la programmazione delle emittenti televisive).

In ultima analisi, è opportuno riflettere sul messaggio generale che l’azienda vuol dare: non si tratta solo di vendere prodotti ma anche un’idea, in relazione anche ai principi in cui l’azienda si fregia di credere. L’importante è condividere ogni aspetto della campagna promozionale con la propria agenzia, per non avere sorprese inaspettate ed essere pienamente coscienti delle conseguenze possibili.