Stanno per arrivare i primi operatori mobili virtuali (MVNO) e a differenza di quanto ripetuto da alcuni organi di stampa, gli esperti sanno bene che l’impatto più notevole sarà sulle aziende e sulla dinamica della concorrenza. Meno, sul grande pubblico, almeno a quanto risulta dai primi accordi in vista.
Gli operatori virtuali di telefonia forniscono servizi usufruendo di reti non proprietarie, ma affittate da altri operatori. I virtuali annunciati finora sono Bt Italia, Carrefour e Poste Italiane (su rete Vodafone); Coop (con Telecom Italia/Tim) e Pldt (su 3 Italia; è uno dei principali operatori nelle Filippine). Carrefour e Coop arriveranno entro la primavera ed entro l’estate, rispettivamente. Il termine è “entro Natale” per Poste. Bt non ha ancora annunciato una data; del resto ad oggi non ha ancora finalizzato l’accordo con Vodafone. Lo stesso vale per Pldt.
Alcuni indiscrezioni, non confermate, parlano anche di un accordo in arrivo tra Vodafone e Fastweb, ma ad oggi sembra poco probabile, perché è una fase delicata. Fastweb è in piena Opa di acquisizione da parte di Swisscom (principale operatore telefonico svizzero).
Il punto è che sul grande pubblico questi operatori mobili virtuali avranno un impatto di misura, nella sostanza. È vero che altrove in Europa l’arrivo dei virtuali ha portato cali dei prezzi fino del 60 per cento in un anno (in Danimarca, nel 1999); «ma in Italia sarà diverso, perché questa figura di operatore da noi giunge tardi, con un mercato già competitivo e consolidato. Per questo motivo prevediamo un impatto sui prezzi del 2-3 per cento al massimo», dice Roberto Giacchi, partner di Bain Company, che ha appena curato un’analisi del mercato dei virtuali in Europa.
Ecco quindi che cosa cambiare per i semplici consumatori: Carrefour, Poste e Coop promettono tariffe economiche, semplici e per fasce di utenza poco soddisfatte dalle tariffe degli attuali operatori mobili. Coop e Carrefour lanceranno inoltre promozioni per la propria clientela (per esempio, possibilità di ricaricare la prepagata tramite i punti della spesa; avere credito o contenuti in omaggio -suonerie, loghi o altro- se si acquistano certi prodotti).
L’ultima novità per il grande pubblico è che, con i virtuali, la telefonia mobile diventerà (ancora) più pervasiva: si potranno acquistare ricariche e sim alle casse del supermercato, agli uffici postali. Tutto sommato, niente di clamoroso. Bain prevede, del resto, che nel medio periodo i virtuali italiani otterranno una quota di mercato del 7-8 per cento sulle sim (cioè 6-7 milioni) e del 5-6 per cento sulle entrate del settore. Invece, in Europa la quota di mercato dei virtuali (sulle sim) già nel 2005 era il 9,8 per cento.
In un mercato come quello italiano, i virtuali porteranno, più probabilmente, innovazione soprattutto per target particolari e business. Come quello interessato ai servizi a valore aggiunto che Poste Italiane intende lanciare sulle proprie sim, da virtuale. E che sono «ad oggi le novità più originali tra quelle annunciate dai futuri virtuali italiani», dice Luca Berardi, analista esperto di telecomunicazioni presso Idc Italia, osservatorio di ricerca indipendente e internazionale.
Poste, infatti, lancerà servizi equivalenti all’m-banking e l’m-commerce, possibili grazie alla propria piattaforma di pagamenti elettronici. Poste sfrutterà così un vantaggio rispetto agli altri operatori mobili (virtuali e non), che, con le norme attuali, in Italia non possono offrire servizi di pagamento elettronico (eccetto che per vendere prodotti di telefonia). Le norme, tuttavia, sbloccheranno questa possibilità, anche per gli altri operatori, a partire dal 2008.
Con Poste sarà possibile usare servizi banco posta dal cellulare, come se si fosse al computer. E quindi fare versamenti, telegrammi, bollettini, cartoline, raccomandate in mobilità. L’utente potrà inoltre usare le carte di credito prepagate e i conti correnti attivati con Poste per comprare, via cellulare, prodotti di ogni genere.
Ad oggi ci sono 3 milioni di carte e 6 milioni di conti correnti presso Poste; numeri che crescono molto velocemente. Poste ha dalla sua anche il fatto di avere un’infrastruttura di rete fissa evoluta, sul territorio, in fibra affittata da Telecom Italia e basata su Ethernet e Mpls (Multi-Protocol Label Switching, come quella di Fastweb). Poste, in questo modo, dietro le quinte ha molto in comune con un operatore fisso come BT Italia. Il quale diventerà virtuale per offrire alle aziende servizi convergenti, fisso-mobili. Ora BT Italia vende servizi VoIP; da virtuale, potrebbe aggiungervi sim e traffico da rete mobile in un solo pacchetto di offerta.
Sia il traffico sim sia quello VoIP avverrebbe su palmari-cellulari ibridi (WiFi), già disponibili. Le aziende, in tal modo, prendendo il pacchetto completo di BT Italia, risparmierebbero sul traffico sia di rete fissa (in VoIP su WiFi) sia di rete mobile (Gsm/Umts con sim dell’operatore virtuale). Avrebbero inoltre i vantaggi di rivolgersi a un solo fornitore per tutti i servizi di comunicazione; una sola bolletta e, forse, un numero unico per le chiamate da fisso e in mobilità. Pure Fastweb vorrebbe diventare un virtuale per offrire servizi convergenti all’imprese.
È ben chiaro anche alle autorità regolatrici del mercato che solo con l’arrivo di operatori fissi, nel ruolo di mobili virtuali, potranno esserci veri e significativi vantaggi per il pubblico (e soprattutto per le aziende). E solo dai fissi, più che dai grandi magazzini, ci si può aspettare una vera concorrenza agli operatori mobili. Nonostante gli accordi già annunciati, infatti, l’Autorità Garante delle Comunicazioni (Agcom) il 19 aprile rianalizzerà la situazione del mercato italiano di rete mobile e potrebbe decidere di obbligare gli operatori a trattare con i candidati virtuali a condizioni regolate dall’alto. Anche l’Antitrust è sull’attenti: la settimana scorsa ha respinto gli impegni proposti da Vodafone per chiudere l’istruttoria avviata su ricorso di Tele2 e altri operatori fissi, che accusano Tim, Vodafone e Wind di fare cartello contro l’arrivo dei virtuali. Vodafone si impegnava a chiudere accordi con i virtuali entro il 31 marzo, ce l’ha fatta ma a quanto pare non è bastato per l’Antitrust. L’istruttoria va quindi avanti e si concluderà il 7 giugno.