Dal 2014, la delocalizzazione di attività d’impresa in paesi extra-UE fa perdere il diritto ai contributi pubblici in conto capitale ricevuti: lo prevede la Legge di Stabilità (comma 60, articolo unico, L. 147/2013) per salvaguardare il mercato del lavoro e la produzione locale. Alle aziende che delocalizzano le attività produttive apportando una riduzione del personale pari al 50% vengono tolti gli incentivi statali concessi.
Le nuove regole
In dettaglio, la nuova norma prevede che ii contributi pubblici in conto capitale eventualmente erogati a partire dal primo gennaio 2014 decadano se l’impresa delocalizza la produzione in uno Stato non appartenente all’Unione Europea entro tre anni dalla concessione degi stessi. Non solo: dovrà anche restituire i contributi a fondo perduto ricevuti. La penalizzazione, tuttavia, scatta solo se di dimezza il proprio personale.
Mattia Fantinati, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Attività Produttive della Camera e primo firmatario dell’emendamento approvato, commenta: «ci sono aziende che chiudono qui in Italia per aprire in Paesi dove la manodopera costa meno, ma quasi sempre non è questo il vero motivo per cui delocalizzano», la manodopera a basso costo «è spesso una scusa raccontata per giustificare il fatto che le imprese vogliono chiudere in Italia oppure che devono ridurre ai propri dipendenti lo stipendio o peggiorare le loro condizioni lavorative». Secondo le cifre fornite da Fantinati, «le 27mila aziende che hanno delocalizzato, lo hanno fatto principalmente in Francia, Svizzera, Austria dove la manodopera non costa di meno, ma dove è più facile fare impresa». La perdita dei contributi, tuttavia, secondo la norma scatta solo se si delocalizza fuori dal territorio dell’Unione Europea.