Meglio rimanere solidi sulle piattaforme conosciute, oppure può essere utile ed interessante cedere alle lusinghe delle nuove proposte? Chi gestisce l’infrastruttura IT di una piccola azienda ha di fronte questa scelta: continuare a lavorare su Exchange, con i costi ed i vantaggi che ne derivano, oppure tentare la via di Google Apps, con il risparmio ed i rischi che ne conseguono?
Infoworld ha pubblicato una interessante analisi dettagliata e basata sull’esperienza di Larry Seltzer il quale, lavorando a cavallo tra le due soluzioni, ha voluto compilare un parallelo che permette di confrontare le due opzioni e stabilire cosa sia meglio per chi. L’analisi è puntuale ed approfondita, ma la conclusione è riassumibile in uno scarno, ma non certo insoddisfacente, “dipende”.
Anzitutto occorre piena consapevolezza della differenza tra le due soluzioni. Nel caso di Exchange ci si trova a gestire una infrastruttura proprietaria la quale può generare problemi in fase di entrata o di uscita, ma che per il resto mantiene costante la propria offerta e le performance; nel caso di Google Apps ci si affida ad un servizio terzo che opera come un cantiere aperto: nel tempo può variare la propria offerta e, sebbene non si debbano prevedere shock nel passaggio tra varie versioni, nel tempo ci si potrebbe comunque trovare a fare i conti con modifiche o implementazioni pensate da Google per estendere l’offerta.
Google sembra aver fatto le cose per bene soprattutto per quanto riguarda la posta elettronica: Google Apps permette l’utilizzo di Gmail (con la garanzia di Postini), sfidando da vicino un Outlook che rimane però sempre e comunque uno strumento di grande potenzialità. Peggiore, invece, il lavoro compiuto sull’agenda: il calendario di Exchange sembra offrire maggiori opzioni rispetto a Google Calendar ed il passaggio potrebbe non essere quindi confortevole.
Il prezzo è la variabile sulla quale Google scommette con maggior forza: l’opzione Microsoft richiede infatti hardware e licenze, mentre Google chiede semplicemente un abbonamento annuale e nessuna manutenzione (promettendo altresì server attivi per il 99.9% del tempo). Microsoft sta pensando sì all’opzione cloud per i propri clienti, ma tali soluzioni sono ancora troppo immature per poter pensare di spostare il baricentro dei bilanci di Redmond dal software alla “nuvola” senza colpo ferire.
In conclusione, l’analisi di Seltzer consiglia semplicemente di provare Google Apps poiché possibile opzione di interesse. Ciò nonostante, ogni valutazione va formulata sulla base della dimensione dell’azienda e sulla capacità di adattamento della forza lavoro ad un eventuale nuovo sistema. Il problema, insomma, è più che altro basato sulla difficoltà della migrazione: i 30 giorni di prova gratuita che Google offre potrebbero essere una buona palestra per gli esperimenti interni, dopodiché ogni azienda deve saper decidere per sé se sia giunto o meno il momento del grande salto.
La via intermedia potrebbe essere quindi quella ideale: anche Microsoft ha iniziato a scommettere sul “cloud” e la via della Business Productivity Online Standard Suite (BPOS, a partire da 8.52 euro per utente al mese) potrebbe essere meno complessa e più sicura. Spiega infatti Microsoft sul sito dedicato: «Microsoft Business Productivity Online Standard Suite è costituita da una serie di soluzioni di messaggistica e collaborazione ospitate da Microsoft, ovvero Exchange Online, SharePoint Online, Office Live Meeting e Office Communications Online. Questi servizi online sono progettati per garantire alla tua azienda elevata disponibilità, una protezione completa e una gestione IT semplificata. La tua azienda può beneficiare di tecnologie sempre aggiornate che vengono distribuite rapidamente, ottimizzando in tal modo le preziose risorse IT e riducendo l’esigenza di investimenti per le infrastrutture».
Il futuro è “cloud” e questa è la certezza. Ma nessuna analisi può, ad oggi, fornire una verità assoluta circa l’opportunità di un passaggio immediato e repentino alla nuova dimensione. Semplicemente, “dipende”.