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Pensioni: scatti e requisiti 2014

di Barbara Weisz

Pubblicato 7 Gennaio 2014
Aggiornato 10 Gennaio 2014 12:58

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Età pensionabile, requisiti per la pensione anticipata, indicizzazioni e prelievo di solidarietà: tutti gli scatti e le novità legislative sulle pensioni nel 2014, con una nuova ipotesi allo studio del Governo.

Almeno un anno di lavoro in più per le donne che inseguono la pensione di vecchiaia, mentre solo un mese in più per chi aspira alla pensione anticipata: sono i primi cambiamenti sulle pensioni dal 2014, in in base ai vari scatti previsti da precedenti normative alla Legge di Stabilità, che ha introdotto anche un ritorno all’indicizzazione (parziale) per assegni tre volte sopra il minimo ed un nuovo contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro. E rispunta l’ipotesi di di ritirarsi con qualche anno di anticipo in cambio di una decurtazione dell’assegno: ne torna a parlare il Ministro del Lavoro, Enrico Giovannini.

Età pensionabile

Innalzamento dei requisiti pensionistici delle donne (dipendenti private e lavoratrici autonome), in base alla Riforma Fornero (Legge 214/2011, il Salva Italia), con incremento a scaglioni dei requisiti per andare in pensione di vecchiaia ed equiparazione uomo-donna dal 2018. Il calendario:

  • 2014: 63 anni e nove mesi (nel 2013 bastavano 62 anni e tre mesi) per le dipendenti private; 64 anni e nove mesi per le autonome (12 mesi in più rispetto allo scorso anno).
  • 2016: 65 anni più l’adeguamento alle aspettative di vita per le lavoratrici del privato, 65,6 più l’adeguamento alle aspettative di vita per le autonome;
  • 2018: 66 anni per tutti, più l’adeguamento alle apsettative di vita.

Pensione anticipata

La Riforma Fornero ha abolito le quote (anzianità + anni di contributi): dal 2014, per andare in pensione anticipata ci vogliono 42 anni e sei mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e sei mesi per le donne. Dal 2015 gli unici scatti saranno rappresentati dall’adeguamento alle aspettative di vita ISTAT. La riforma prevede una penalizzazione per chi, pur avendo raggiunto i requisiti contributivi, non ha compiuto i 62 anni di età: riduzione dell’assegno previdenziale dell’1% per ogni anno di anticipo entro un massimo di due anni, che sale al 2% per ogni anno ulteriore ai primi due.

Indicizzazione

Torna le rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo (fino a 1486,29 euro) ma non del 100% (come per quelle inferiori a tale soglia). Nel dettaglio, si rivalutano:

  • del 95% gli assegni fra tre e quattro volte il minimo (fino a 1981,72 euro),
  • del 75% quelli fra quattro e cinque volte (fino a 2mila 477,16 euro)
  • del 50% fra cinque e sei volte il minimo (fino a 2mila 972,58 euro).

L’indicizzazione si riferisce all’intero importo della pensione, non solo alle soglie superiori ai diversi scaglioni. Diverso il meccanismo per i trattementi oltre le sei volte il minimo, che si rivalutano del 40% per la parte fino a 2.972,58 euro. Il ritorno parziale all’indicizzazione delle pensioni sopra tre volte il minimo, bloccate dal 2012 per effetto della Riforma Fornero, è stabilito dalla Legge di Stabilità 2014.

Contributo di solidarietà

Già introdotto e incrementato da due diverse leggi del 2011 (finanziaria estiva e Salva Italia), è stato poi bocciato dalla Corte Costituzionale ma ora torna con la Legge di Stabilità: prelievo del 6% per le pensioni superiori a 14 volte il minimo (91.251 euro l’anno), che sale al 12% sulla parte di importo fra 20 e 30 volte il minimo (130.359 euro e 195.538 euro) e al 18% sopra le 30 volte il minimo. Il gettito derivante da questo nuovo contributo di solidarietà andrà a finanziare un nuovo strumento di welfare, chiamato Sia (sostegno per l’inclusione attiva), un reddito minimo garantito da sperimentare in alcune grandi città. Ricordiamo che la Corte Costituzionale aveva bocciato il precedente prelievo sulle pensioni d’oro perché applicato ai soli pensionati (quindi discriminatorio per una sola categoria di contribuenti), bisogna vedere se la nuova formulazione metterà al riparo da eventuali nuovi pronunciamenti.

Ipotesi nuova pensione anticipata

Si tratta di una sorta di prestito pensionistico, per cui un lavoratore si ritira in anticipo, ma non va direttamente in pensione: fino al raggiungimento dei requisiti riceve un assegno (si lavora su una cifra intorno all’80% dello stipendio), pagato dall’Inps (magari con il contributo dell’azienda. Quando poi va in pensione, avrà una decurtazione (intorno al 10-15%) che di fatto comporta la resituzione del trattamento percepito negli anni di ritiro anticipato. I tecnici dei ministeri economici stanno facendo i calcoli sull’impatto per le casse dello stato, Giovannini sottolinea come sia importante l’eventuale adesione del mondo imprenditoriale (ovvero la disposinibilità delle aziende a finanziare parte del trattamento di anticipo). In realtà, un meccanismo simile già esiste, è previsto dalla riforma del Lavoro (legge 92/2012) e perfezionato dal decreto sviluppo bis (legge 221/2012), e prevede il possibile ritiro di lavoratori a cui manchino al massimo quattro anni alla pensione, con il pagamento del trattamento erogato dall’Inps ma a carico dell’azienda. Questo meccanismo è previsto solo nelle aziende sopra i 15 dipendenti, mentre non si esclude che la nuova ipotesi allo studio possa riguardare anche le aziende più piccole. Ma ricordiamo che si tratta di un’ipotesi che lo stesso Giovannini aveva già annunciato nei mesi scorsi, e che per il momento non si è mai concretizzata.