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Il mercato dei minibond per le PMI

di Barbara Weisz

18 Novembre 2013 15:10

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Circa 35mila le aziende selezionate come potenziali emittenti dei minibond introdotti dal Decreto Sviluppo 2012, ma in un anno solo state effettuate solo una ventina di emissioni.

Lo stimolo alle emissioni di minibond da parte delle PMI è uno degli obiettivi che si pone l’atteso collegato alla manovra sulla crescita e le imprese: in effetti, dopo oltre un anno dal Decreto Sviluppo che ha istituito queste particolari obbligazioni per società non quotate (Dl 83/2012) le emissioni sono state appena una ventina, per complessivi 20 miliardi di euro circa. Per lo più si tratta di grosse società con operazioni da oltre 100 milioni di euro. Ma la platea a cui si rivolgono i minibond è più ampia: almeno 35mila aziende secondo un’indagine Cerved Group. Imprese che fatturano fra 5 e 250 milioni di euro, solvibili ed esposte con le banche per 140 miliardi.

Il Rating

Per quantificarle, Cerved ha utlizzzato sistemi di rating e scoring differenziati per dimensione e forma giuridica: uno per il segmento Large Corporate (fatturato sopra i 150 milioni di euro), l’altro per Corporate e Small Business.  Il metodo prevede di assegnare un CGS (Cerved Group score) in base a determinati parametri: dati di bilancio, elementi di governance, variabili sistemiche, eventi negativi come protesti o default, abitudini di pagamento, notizie di stampa…). Il punteggio è il punto di partenza per il lavoro di approfondimento degli analisti, che alla fine emettono il Cerved Group Rating dividendo le imprese in 13 classi: le prime sei (da A1.1 ad A3.1) ragguppate nell’area “sicurezza”, le successive due (B1.1 e B1.2) in ‘area “solvibilità”, altre due (B2.1 e B2.2) in area “vulnerabilità” e le ultime tre  (da C1.1 a C2.1) in area di rischio.

La platea

In termini generali, l’investment grade è considerato da A1.1 a B1.2 (prime otto classi), in cui si collocano le 35mila società che rappresentano il mercato potenziale dei minibond. Di queste, 14mila sono in area di eccellenza (da A1.1 ad A3.1) mentre altre 21mila in area di solvibilità (B1.1 -B1.2) Al top in classe A1.1 ci sono solo 22 aziende.

La maggioranza ha un fatturato sotto i 50 milioni (31mila imprese): 15,5mila hanno ricavi fra 5 e 10 milioni di euro, 11,1mila fra 10 e 25 milioni, 4mila fra 25 e 50 milioni. Le aziende con rating più alto sono concentrate nel Terziario (circa 16mila) seguite dall’Industria (14mila). La distribuzione geografica vede una concentrazione di investment grade in Lombardia, (11mila imprese), Veneto (4,6mila) ed Emilia Romagna (quasi 4mila). Complessivamente 25mila in Nord Italia, 6mila nel Centro e 4mila nel Sud e isole. Il Settentrione ha maggiore incidenza: 73% Nord Est e 72% Nord Ovest, contro il 67% del Centro e il 60% di Sud e Isole. La più alta incidenza di è il Trentino (80%), la più bassa in Calabria (46%).

Queste 35mila producono nel complesso 785 miliardi di euro (valore aggiunto di 162 miliardi, 10% del PIL italiano), hanno un attivo patrimoniale di 737 miliardi ed esposizione verso le banche (dati 2012) di 140 miliardi, di cui 58,3 con prestiti a breve e 81,7 con finanziamenti superiori a un anno, che generano oneri finanziari pari a 7,6 miliardi. L’Italia ha una percentuale di indebitamento delle PMI detenuto dal canale bancario nettamente più alta rispetto a quello di altri paesi europei. Secondo i dati di Bach, la banca dati sui bilanci delle società non finanziarie europee, l’81% dei debiti finanziari delle PMI italiane sono debiti bancari, contro il 66% rilevato in Portogallo, il 65% in Germania, il 57% in Francia e Spagna.