Le tre formule di prepensionamento in Italia – alla luce della Riforma delle Pensioni e del Lavoro nonché del Decreto Sviluppo bis – spiegate dai Consulenti del Lavoro (con tutti i requisiti e le procedure): la Circolare n.12 del 7 ottobre 2013 analizza gli effetti della pensione anticipata per lavoratori e imprese interessate, quantificando anche il vantaggio economico.
1. Accordo aziendale
Il comma 1 dell’articolo 4 della legge 92/2012 (Riforma del Lavoro) prevede un accordo di prepensionamento fra impresa e sindacati (quelli maggiormente rappresentativi a livello aziendale) ma anche l’adesione del lavoratore come condizione costitutiva per arrivare effettivamente alla cessazione del rapporto di lavoro. Questo tipo di risoluzione del rapporto si considera consuensuale.
2. Licenziamento collettivo
L’articolo 34, comma 54, lettere b, c, della legge 221/2012 (Decreto Sviluppo bis) modifica il citato articolo 4 estendendo l’accordo nelle procedure di licenziamento collettivo (ex articoli 4 e 24 della legge n. 223/1991). Oltre all’intesa fra impresa e rappresentanze sindacali aziendali (diversamente dalle procedure di mobilità), è necessario che nell’accordo siano individuate la situazioni di eccedenza di personale esplicitando il criterio di scelta dei lavoratori (art. 5, comma 1, della legge 223/91) in base alla “prossimità al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento“: lo impone la circolare del Ministero del Lavoro 24/2013. Il lavoratore non può obiettare ma può scegliere fra prepensionamento e altri ammortizzatori sociali come la mobilità. Se sceglie la pensione anticipata, il datore di lavoro non deve pagare il contributo di mobilità (art. 5, comma 4, legge 223/91) e nemmeno quello ASPI (art. 2 comma 31, legge 223/91), acquisendo il diritto al recupero delle somme eventualmente corrisposte mediante conguaglio con i contributi dovuti (circolare Inps n.119 del 2013). Inoltre, può effettuare nuove assunzioni, anche presso le unità produttive interessate dai licenziamenti, in deroga al diritto di precedenza (articolo 8, comma 1, legge 223/91).
3. Riduzione personale dirigente
La stessa procedura prevista per i licenziamenti collettivi è estesa anche ai casi di riduzione del personale dirigente, sempre in base all’articolo 34, comma 54, lettere b,c, legge 221/2012, che modifica in questo senso la Riforma del Lavoro. L’unica differenza con la procedura di cui sopra è che l’intesa va siglata dal sindacato dei dirigenti, indipendentemente dalla sua rappresentatività in azienda.
I requisiti del prepensionamento
Gli accordi di prepensionamento possono essere applicati da tutti i datori di lavoro con almeno 15 dipendenti (senza conteggiare apprendisti e contratti di inserimento lavorativo o di reinserimento). Quanto ai lavoratori, devono raggiungere i requisiti minimi anagrafici e/o contributivi per la pensione di vecchiaia o anticipata entro 4 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro, in base alle regole previdenziali vigenti a quel momento (compresi gli adeguamenti alle aspettative di vita); diversamente, la cessazione può essere spostata in avanti per farli maturare. Per il requisito contributivo sono utili anche i periodi maturati all’estero in Paesi ai quali si applica la regolamentazione comunitaria in materia di sicurezza sociale o legati all’Italia da convenzioni bilaterali di sicurezza sociale. Istituti previdenziali interessati: Inps, Fondo Volo, Inpgi, ex Enpals, ex Inpdai, ex Fondo Autoferrotranvieri, ex Fondo Elettrici, ex Fondo Telefonici (prestazioni cumulabili). Le norme generali sono contenute nell’articolo 24, commi 3,6,7,9,10,11,12 e 15–bis, legge 214/2011 (Riforma delle Pensioni), facendo eccezione le donne con 57 anni di età e 35 di anzianità contributiva (pensione con calcolo contributivo).
La prestazione
Il lavoratore ha diritto ad assegno di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, in ragione dell’anzianità contributiva e delle retribuzioni percepite fino a quel momento. Titolare della prestazione è l’INPS ma è il datore di lavoro a finanziarla:
- prestazione al lavoratore: non reverisibile, versata in 13 mensilità previa domanda (non c’è automatismo), con clausola anti esodati.
- Contribuzione figurativa: versata dall’impresa fino all’inizio della pensione, correlata alla retribuzione degli ultimi due anni (imponibile previdenziale, comprensivo degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive) divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per 4,33.
- Fideiussione bancaria necessaria solo se il datore di lavoro non paga la provvista in un’unica soluzione: lo schema tipo è contenuto nell’allegato n. 2 della circolare Inps 119 del 2013 e prevede in caso di mancato pagamento, l’escussione parziale della garanzia, contestualmente all’invio dell’avviso di pagamento al datore di lavoro (oltre 180 giorni, l’Inps riscuote l’intera fideiussione e, se non possibile, interrompe la prestazione).
La procedura
La procedura di prepensionamento è complessa: il datore di lavoro presenta domanda all’INPS (completa di accordo), che ne verifica i requisiti e trasmette il tutto alla direzione centrale delle pensioni, che attribuisce all’azienda un codice di censimento e un codice PIN, per accedere alla procedura automatizzata. L’INPS comunica all’impresa l’ammontare stimato della provvista annuale, sulla base del quale viene fatta la fideiussione. Al termine, il datore di lavoro presenta nuova domanda all’INPS per ciascun lavoratore. In mancanza di requisiti del datore di lavoro l’accordo decade per tutti i lavoratori; se la carenza riguarda un singolo dipendente, l’eventuale accordo con adesione non è valido e nel caso di licenziamento collettivo il lavoratore va in mobilità.
- Prima della procedura gli adempimenti costituiscono condizione per l’efficacia dell’accordo.
- Dopo la procedura qualsiasi inadempienza non ha effetto sulla validità dell’accordo.
dei Consulenti del Lavoro.