La natura subordinata di un contratto di lavoro si configura in presenza di determinati requisiti, richiamati dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 16935 dell’8 luglio 2013, con la quale sono stati forniti ulteriori elementi per la verifica della subordinazione di un rapporto autonomo.
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Il criterio fondamentale che distingue il rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo riguarda di norma l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. Tuttavia tale vincolo può non risultare significativo per la qualificazione del rapporto di lavorodi una prestazione dedotta in contratto.
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Per la Cassazione, quyesto criterio può non essere sufficiente nel caso in cui la prestazione “sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, oppure, all’opposto, nel caso di prestazioni lavorative dotate di notevole elevatezza e di contenuto intellettuale e creativo”.
“Occorre allora far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore”.
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Nel caso specifico, la Corte – avendo riconosciuto il carattere ripetitivo delle mansioni per cui una volta ricevute le istruzioni iniziali, non si richiedevano ulteriori direttive e controlli – ha verificato la sussistenza di turni settimanali predisposti dalla società; l’obbligo di rispettarli senza potersi allontanare; l’obbligo di avvertire in caso di assenze; lo svolgimento del lavoro nei locali dell’agenzia con l’uso di beni aziendali e secondo orari predeterminati; il compenso fisso, senza alcun riferimento al risultato della prestazione; l’assenza di alcun rischio economico da parte del lavoratore.