Aumento IVA al 22% slitta a ottobre

di Barbara Weisz

26 Giugno 2013 15:00

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Il CdM congela l'aumento IVA al 22% prevista da luglio con uno slittamento di tre mesi al primo ottobre: nel frattempo il Parlamento potrà valutare ulteriori rinvii.

Niente aumento IVA il 1 luglio: l’incremento dell’aliquota al 22% slitta al primo ottobre e nel frattempo governo e parlamento valuteranno ipotesi per ulteriori interventi sul balzello: è quanto deciso dal CdM, che ha stanziato per il congelamento IVA una copertura finanziaria di un miliardo di euro.

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Per il premier Enrico Letta la decisione va nel senso di «aiutare l’economia» ma con la dovuta prudenza: non è il momento di fare scelte in contrasto con i conti pubblici».

In sostanza, il Governo vuole dare (probabilmente anche all’Europa) un «segno che la nave dei nostri conti pubblici ha al timone persone responsabili che vogliono fare scelte rispetto alle quali non ripartono debiti, ma trovando coperture dentro il bilancio».

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Letta usa una metafora ciclistica: «adesso c’è il gran premio della montagna, poi la pianura a fine anno», con riferimento alla crisi, che ancora sta facendo sentire i suoi effetti, e alla ripresa, attesa per la seconda parte del 2013, che potrà dare respiro ai conti pubblici.

Il temporaneo rinvio è una boccata di ossigeno per commercianti e consumatori.

La decisione va infatti incontro alle pressanti richieste del mondo delle imprese, PMI in testa. L’aumento dell’aliquota dal primo luglio, ora slittato di tre mesi, era prevista dalla Legge di Stabilità 2013.

Per quanto riguarda le coperture, il ministero dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha spiegato che verranno rese note nel dettaglio, ma nel frattempo ecco le ipotesi: un intervento sulle sigarette elettroniche e un aumento degli acconti 2013 Irpef (dall’attuale 99 al 100%), Ires (dal 100 al 101%) e Irap (110%).

Nei prossimi mesi l’Esecutivo e il Parlamento studieranno la possibilità di prevedere un ulteriore rinvio, a dicembre 2013, e in generale di ripensare una serie di strumenti di tassazione, «valutando il modo di sostituirli con forme che siano meno gravose su lavoro, consumi e imprese», ha spiegato Saccomanni.