Con la Sentenza 29 marzo 2013, n. 59, la Corte Costituzionale ha indirettamente confermato la validità del trattamento retributivo dei soci lavoratori di una cooperativa. La questione riguarda la pratica del dumping: riconoscimento di emolumenti inferiori a quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro rispetto alla mansione svolta dai soci lavoratori. Secondo la Corte – chiamata ad esprimersi sulla iscrizione a ruolo di un credito previdenziale INPS di una cooperativa – la normativa che riguarda la retribuzione da corrispondere e i contributi previdenziali da versare è contenuta nella L. 389/1989, nella L. 549/1995 e nel Dlgs 423/2011.
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La prima norma – L. 389/1989 (articolo 1, comma 1) – sostiene che:
“la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.
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La seconda norma – L. 549/1995 (articolo 2, comma 25) – sottolinea che:
“in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base dei contributi previdenziali e assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria”.
La terza norma – Dlgs 423/2011 (articolo 3, comma 4) – sostiene che:
“a decorrere dal 1º gennaio 2007, per la determinazione della retribuzione imponibile, ai fini del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, trova applicazione l’art. 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 338 del 1989”.
In sintesi, anche in presenza di più contratti collettivi riferiti alla medesima categoria, per i soci lavoratori di cooperative il trattamento economico non deve non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali più rappresentative al livello nazionale.
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Il Ministero del Lavoro, con la Circolare 1452/2010 aveva già individuato le caratteristiche in base alle quali definire la rappresentatività dei sindacati, ovvero il numero complessivo delle imprese associate, dei lavoratori occupati, la diffusione sul territorio (numero di sedi presenti sul territorio ed ambiti settoriali), i contratti collettivi nazionali stipulati e vigenti e i i verbali di revisione, come risultante presso il Ministero dello Sviluppo Economico.