Proseguendo il filone dell’autovalutazione aziendale, spostiamo il focus dall’imprenditore all’identità aziendale. Come abbiamo più volte evidenziato, l’innovazione nasce da una combinazione di tecnologie, capacità, scelte organizzative e strategie che si manifesta con un effetto concreto di cambiamento e miglioramento.
La capacità di networking,, dunque, dal punto di vista aziendale è saper creare e gestire una rete relazionale, funzionale ai propri bisogni.
Le capacità relazionali, infatti, sono determinanti, nel definire il contesto competitivo e tecnologico nel quale l’impresa si trova a operare, e le modalità con cui essa interagisce con lo stesso.
Proviamo a visualizzare l’azienda come un sistema aperto, in grado di scambiare flussi di varia natura con l’esterno e metabolizzarli al proprio interno. La capacità innovativa si sviluppa proprio a partire dalla gestione di alcuni di questi flussi: flusso informativo, apporto di tecnologie e acquisizione risorse tecniche.
Valorizzare il capitale relazionale diventa dunque strumento di innovazione: la capacità di identificare e acquisire la conoscenza dell’ambiente esterno (strumenti ma anche soggetti) permette di sviluppare al meglio l’insieme di relazioni e cooperazioni proprie dell’azienda.
Copiare da uno solo è plagio, da molti è ispirazione, diceva Oscar Wilde, e nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma diceva Lavoisier. Ma è anche vero che l’innovazione comincia dagli occhi di chi guarda la realtà, come sostiene IDEO, società di design americana!
Ebbene, si può trarre ispirazione da questi aforismi e dalla comune esperienza per confermare che le nuove idee, prodotti e soluzioni riprendono “conoscenza esistente” anche sotto forma di percezione di un bisogno, e la ricombinano in forme nuove.
In generale, vale la proporzione tra qualità delle interazioni e capacità innovativa: tanto più si sviluppano capacità comunicative e linguaggi comuni, tanto più si agevolano il trasferimento e la metabolizzazione di conoscenze in capacità innovativa.
Stiamo parlando quindi di relazioni come capitale, come potenziale i crescita per l’impresa, ma, allo stesso tempo dobbiamo parlare dell’utilizzo di questo capitale. Dallo studio “Innovazione aziendale e IT nella Pmi italiana” di Paolo Pasini e Gianluca Salviotti, effettuato su alcune Pmi italiane, emergono aspetti significativi, come ad esempio la debolezza delle aziende sul fronte innovativo, più marcata nella gestione della conoscenza, dei beni e delle risorse materiali (finanziarie, tecnologiche, dati di mercato…) ma anche nella capacità di aggregare competenze e tecnologie esterne.
Quel che lo studio suggerisce è dunque un approccio di maggiore apertura e una più marcata capacità di networking, nazionale e internazionale, per accrescere i benefici di innovazione come frutto della capacità di collaborazione.
La presenza di una rete di relazioni consapevole e la presenza di capitale relazionale sono indici di apertura aziendale, e della capacità di interagire e leggere l’ambiente circostante.
Quali strumenti permettono a questo capitale si essere assorbito, utilizzato e re-inventato dal sistema aziendale? E fino a che punto la rete di relazioni consente di accedere e sfruttare conoscenze o altri input, necessari o utili all’azienda? Vediamo alcuni esempi di simbiosi tra capacità relazionale e capacità innovativa.
Al primo posto non possono mancare le logiche di tipo distrettuale: i distretti industriali italiani – caratterizzati da piccole imprese o fenomeni come quello della Silicon Valley – hanno il loro punto di forza proprio nella capacità di apprendimento basata su collaborazione e fiducia reciproca, dovuta tanto alla prossimità fisica quanto a una precisa impronta culturale.
A seguire: studi sviluppati da associazioni di categoria sottolineano come le imprese innovative considerano fondamentale il rapporto con i clienti. Consideriamo, ad esempio la Toyota, che ha basato il suo successo su sistemi di analisi della soddisfazione (QFD e sistema di analisi delle esigenze).
Terzo, le relazioni con gli stakeholders: «una rete di alleanze a lungo termine basate sulla fiducia con fornitori innovativi rappresenta una fonte di vantaggio difficile da imitare per un concorrente. Una rete del genere assicura sufficiente flessibilità e, nello stesso tempo, una griglia di riferimento per l’apprendimento comune e lo scambio tecnologico» (cit. Saxenian, 1991).
Un esempio di casa nostra sono le fiere campionarie: la più grande, quella di Milano, è stata fondamentale nel favorire il boom economico, permettendo a imprenditori e tecnici di aggiornarsi sulle tecnologie disponibili nel proprio settore o in settori affini, incrociando conoscenze e portando alla nascita di molti prodotti innovativi.
Quarto, il rapporto con il sistema della ricerca: è una fonte di innovazione spesso sottovalutata, ma in grado di offrire spunti continui ed efficaci.
In realtà, le collaborazioni di questo tipo sono ancora marginali, aspetto che conferma l’importanza di una presa del proprio capitale relazionale: i canali informali di collaborazione prevalgono su quelli formali, sia in termini di numero di collaborazioni che come qualità del flusso innovativo.