Arriva da una sentenza – la n.4375 – della sezione lavoro della Cassazione in “no” ai software che spiano la navigazione dei dipendenti durante l’orario di lavoro. Dunque i datori di lavoro non possono installare nei pc dei proprio impiegati programmi che controllino come questi vengono utilizzati nè tanto meno utlizzare le informazioni da essi ricavate per licenziarli.
La suprema Corte ha giudicato illegittimo il licenziamento del dipendente avvenuto per ben due volte con la motivazione di “avere usato internet per ragioni non di servizio in contrasto con il regolamento aziendale”, ritenendola una una violazione della riservatezza e dell’autonomia del lavoratore.
Di fatto la Cassazione sembra autorizzare i dipendenti a navigare su internet in ufficio anche nelle ore di lavoro, ed impedire ai datori di lavoro di vietarlo, pur sottolineando che la navigazione deve avvenire “senza farne troppo abuso“, ma come stabilire i limiti? Nel caso specifico gli accessi ad internet erano avvenuti, secondo quanto riscontrato con un controllo informatico disposto dall’azienda sul Pc della dipendente, per lo più durante la pausa pranzo, dunque senza sottrarre tempo al lavoro.
In realtà la Cassazione ha dichiarato illeggittima l’installazione di questi sistemi di controllo, così come i sistemi di controllo dell’accesso ad aule riservate o gli apparecchi di rilevazione di telefonate ingiustificate, in quanto i controlli devono riguardare solo l’attività lavorativa.
La Cassazione ha inoltre stabilito che’eventuale installazione di qualsiasi sitema di controllo deve inoltre essere condizionata all’accordo con le rappresentanze sindacali all’interno dell’azienda.