Legambiente e Anev hanno organizzato oggi il convegno “Il vento fa bene all’Italia. perché si deve puntare sull’Eolico per il clima, la qualità e il futuro del Paese” per fare il punto sull’Eolico in Italia. Da quanto emerso, l’andamento del mercato è positivo: 5000 MW istallati nel Paese, produzione di 6,7 TWh circa, più di 2500 occupati stabili nel settore e grandi potenzialità offerte oggi da mini e micro-eolico.
Eppure, incredibilmente, manca in Italia un quadro normativo di riferimento che regoli la costruzione e gestione di impianti da fonti rinnovabili, eolico compreso.
L’industria italiana è è culturalmente pronta a investire nella Green Economy, ma praticamente frenata dallo stesso Governo, nonostante le oggettive potenzialità economiche delle fonti rinnovabili, oggi vero strumento produttivo anti-crisi.
Non solo, secondo la normativa europea 20-20-20 (L140/16 del 5/6/2009) entro il 2020 dovremo ridurre del 20% delle emissioni di CO2 e introdurre una quota pari almeno al 20% di consumi energetici da fonti. Difficile se mancano leggi italiane che lo favoriscano!
Ad oggi, non sono ancora state approvate Linee Guida nazionali per la valutazione gli impianti da fonti rinnovabili. Tra l’altro, la Corte Costituzionale (sentenza 166/2009) impedisce di ricorrere ad eventuali regolamentazioni regionali demandando la responsabilà di validare gli impianti in base a criteri (Dpr 387/2003) che devono essere individuati esclusivamente dal Ministero dello Sviluppo economico in accordo con Ministeri Ambiente e Beni Culturali.
In assenza di punti di riferimento, Anev ha rinnovato un protocollo d’intesa con la UIL per «diffondere una cultura dell’Eolico e delle altre fonti rinnovabili, con particolare attenzione alle garanzie sul piano occupazionale e ai processi di qualificazione e riqualificazione professionale».