Debiti PA: i pagamenti sbloccati dagli enti locali

di Barbara Weisz

16 Aprile 2013 15:38

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I Comuni indicano quali debiti degli enti locali possono essere sbloccati e la Ragioneria di Stato stringe i tempi sui crediti con la PA centrale: in audizione, le imprese chiedono più rimborsi, tempi rapidi e ulteriori compensazioni.

Nuove precisazioni sul decreto debiti PA – che sblocca 40 mld di euro in due anni per i pagamenti alle imprese – mentre in Parlamento sono partite le audizioni sul provvedimento, con critiche e proposte sia da Confindustria sia dalle PMI di Rete Imprese Italia.

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Pagamenti sbloccati

Una nota di lettura dell’ANCI (Comuni) ha fornito una sorta di interpretazione autentica dell’articolo 1 del Dl/35 2013, che riguarda gli enti locali: sono esclusi dal patto di stabilità interno 2013 (e quindi svincolati al fine di saldare i debiti alle imprese) i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012 o quelli per cui sia stata emessa fattura o richiesta di pagamento entro il predetto termine, inclusi quelli delle Province in favore dei Comuni, fino a un importo complessivo di 5 miliardi di euro.

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L’ANCI spiega che, in base alla definizione di esigibilità fornita dal Decreto del presidente del consiglio dei ministri del 28/12/2011, si può ritenere esigibile la somma per la quale non esistono ostacoli al pagamento (o alla riscossione). E questo include, oltre alle fatture, anche:

  • Per i lavori pubblici: lo stato di avanzamento lavori di cui all’art. 194 del Dpr n. 207/2010 oppure, quando il pagamento avviene in un’unica soluzione, il conto finale dei lavori prodotti entro la fine del 2012, di cui all’art. 200 dello stesso Dpr. Rientrano tra i debiti anche gli accordi bonari e gli espropri sottoscritti o approvati alla data del 31 dicembre 2012.
  • Per trasferimenti, conferimenti e aumenti di capitale sociale a società partecipate: provvedimenti amministrativi assunti dall’ente o richieste formali da parte del creditore pervenute entro il 31 dicembre 2012 che non si configurano come debiti fuori bilancio.
  • Trasferimenti e richieste di rimborso: vale la data del provvedimento o della richiesta.
  • Altre spese: bisogna basta un documento che attesti l’esigibilità della spesa.

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Possano rientrare nell’esclusione dal patto di stabilità anche i pagamenti nei primi mesi 2013, compatibilmente con gli spazi finanziari disponibili. A questo proposito, in sede di ripartizione dei 5 miliardi di euro, il ministero dell’Economia e delle Finanze terrà prioritariamente conto dei debiti non ancora pagati alla data di pubblicazione del Dl (in Gazzetta Ufficiale dallo scorso 8 aprile).

Quindi, anche sulla base del prospetto di richiesta per gli enti locali messo a punto dal ministero dell’Economia, possono essere compresi, oltre a tutti i debiti certi liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012, anche:

  • debiti per appalti di lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 3 del dlgs 163/2006, per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2012, non estinti alla data dell’8 aprile 2013, oppure pagati prima del 9 aprile 2013.
  • debiti di parte capitale per i quali sia stata emessa fattura entro lo stesso termine, non estinti alla data dell’8 aprile 2013, oppure pagati prima del 9 aprile 2012.
  • debiti di parte corrente, esclusi quelli per spese di personale, per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2012.

La nota fornisce poi una lunga serie di delucidazioni sulle procedure e le tempistiche previste per gli enti locali.

Cosa devono fare i ministeri

Il Dl stabilisce un incremento di 500 milioni di euro, nel 2013, del Fondo per l’estinzione dei debiti pregressi contratti dalle amministrazioni centrali dello stato nei confronti di enti, società, persone fisiche, istituzioni ed organismi vari.

In base alla circolare applicativa numero 18 del 12 aprile 2012 della Ragioneria dello Stato, i ministeri entro il prossimo 30 aprile devono predisporre due elenchi:

  • Il primo, con gli importi dettagliati, in ordine cronologico, per i quali si richiede l’assegnazione dei fondi al ministero dell’Economia e delle Finanze.
  • Il secondo, con gli stessi debiti presentati in forma aggregata in base al pertinente capitolo/piano gestionale di spesa individuato nel bilancio dell’esercizio in gestione, con separata evidenza di quelli relativi a fitti passivi. Questi aggregati contabili devono risultare coerenti con le informazioni sui singoli debiti. L’elenco sintetico va allegato al primo ed essere pubblicato sul sito internet istituzionale.

Sulla base delle richieste pervenute entro il 30 aprile verrà decisa la ripartizione delle risorse, che sarà contenuta in un apposito decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze atteso entro il 15 maggio.

Le richieste delle imprese

Per Confindustria, l’Italia si trova in una terza ondata di credit-crunch, dopo quelle del 2007-2009 e del 2011-2012. L’allarme è stato lanciato da Marcella Panucci, direttore generale di Viale Astronomia, nel corso dell’audizione parlamentare. Due le richieste più pressanti: rafforzare l’impianto del provvedimento sblocca debiti (restituendo subito 48 miliardi alle imprese, invece dei 40 in due anni previsti) e mettere paletti più stringenti e precisi alle pubbliche amministrazioni per pagare in tempi brevi e certi. Chiesto anche un incremento delle possibilità di compensazione fra crediti e debiti rispetto a quanto previsto dal Dl.

Confindustria ripropone e amplia le stime già presentate nelle scorse settimane: liquidare subito 48 miliardi di debiti (invece dei 40 in due anni previsti dal Dl), genererebbe «in tre anni, 10 miliardi di investimenti aggiuntivi delle imprese che avrebbero l’effetto di aumentare il livello del Pil: dopo tre anni di circa l’1%». In più, «farebbe alzare i rating bancari attribuiti alle singole imprese, frenerebbe l’aumento delle sofferenze, favorirebbe l’erogazione di credito a tassi più bassi».

Un circolo virtuoso così sintetizzato: «più liquidità, più investimenti, più crescita, rating migliori, più credito e di nuovo più investimenti». Risultato: nel giro di cinque anni, l’aumento del pil potrebbe arrivare all’1,4% e gli occupati crescerebbero di 243mila unità.

Per Rete Imprese Italia, la Pubblica Amministrazione deve saldare l’intero debito dovuto alle imprese (secondo le ultime stime di Bakitalia, 91 miliardi, ma ci sono calcoli che indicano cifre fino a 120-130 miliardi) entro il 2015.

Anche l’associazione delle PMI ritiene troppo complicate le procedure previste dal decreto del governo, che non garantiscono tempi sufficientemente rapidi, in un momento in cui «la capacità di resistenza delle imprese è allo stremo», perchè mancano le disponibilità finanziarie e le banche stanno forzando la richiesta di rientro dalle anticipazioni su fatture scadute. Bisogna prevedere un meccanismo che garantisca i pagamenti anche «in presenza di inadempimenti da parte delle singole amministrazioni».

Una sorta di clausola di salvaguardia, basata su un maggior ricorso a compensazioni e certificazioni.

Per quanto riguarda la compensazione, il decreto la estende ai soli debiti fiscali dovuti in base ad istituti di contenzioso tributario, quali l’accertamento con adesione, la conciliazione giudiziale, l’acquiescenza. Ne consegue che possono compensare solo le imprese «che si trovano in sostanziale posizione di inadempienza rispetto ai propri obblighi tributari, previdenziali e assistenziali». Si propone che invece la compensazioni possa essere estesa anche ai casi in cui non c’è inadempienza: in sostanza che le imprese, nel caso in cui la PA non paghi, possano compensare con tutte le somme dovute a titolo tributario, previdenziale e assistenziale.

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Quanto alla certificazione, oltre all’obbligo per le amministrazione di registrarsi all’apposita piattaforma elettronica (prima non era previsto, in realtà il Dl introduce sanzioni amministrative per chi non lo fa), deve essere prevista un’ulteriore salvaguardia per le imprese.

=> Le novità sulla certificazione introdotte dal decreto debiti PA

Se la PA non si registra, questo non deve rappresentare un ostacolo alla possibilità delle aziende creditrici di poter chiedere la certificazione dei crediti (con la quale, lo ricordiamo, si possono chiedere anticipi in banca oppure chiedere compensazioni). Il Dl propone un commissario ad acta, soluzione ritenuta non efficace, soprattutto perché non offre certezze sui tempi. Si propone invece una sorta di silenzio assenso: se la Pa non si registra, questo equivale a un automatico atto di certificazione del credito.

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Fonti: