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Consulenti in azienda: nessuna responsabilità fiscale

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 30 Agosto 2013
Aggiornato 16 Settembre 2013 12:46

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La responsabilità fiscale di una società con personalità giuridica non ricade sui consulenti esterni all'azienda: i dettagli delle sentenze della Ctr di Bologna.

Eventuali violazioni commesse da società di capitali o enti con personalità giuridica non vedono coinvolti a livello di responsabilità fiscale i consulenti aziendali esterni. È quanto emerso da ben quattro sentenze della Commissione Tributaria Regionale di Bologna (le numero 4, 5, 6 e 7 di gennaio 2013).

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Le responsabilità fiscali non possono essere imputate alle persone fisiche (di solito professionisti con Partita IVA che svolgono attività da consulenti): pertanto, le Partite IVA che svolgono attività di consulenza per un’impresa non possono subire sanzioni amministrative tributarie.

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Le sanzioni si applicano solo alla persona giuridica che ha commesso la violazione.

Più in particolare: il “rapporto fiscale proprio di società con personalità giuridica è esclusivamente a carico della persona giuridica”, ha chiarito la Ctr di Bologna.

Si tratta di una importante tutela per i professionisti i quali non rischiano, per una consulenza esterna all’organizzazione, di subire gli effetti degli errori o illeciti fiscali dell’azienda stessa, soprattutto se è dimostrabile che da tali errori tributari i lavoratori autonomi non hanno tratto alcun beneficio.

Un caso diverso è quello del commercialista che abbia goduto di un vantaggio economico concorrendo ad attività di evasione fiscale del proprio cliente: un storica sentenza della Corte di Cassazione (n. 39239 del 28 ottobre 2011) ha chiamato in causa questa categoria di professionisti nei casi in cui siano depositari di scritture contabili irregolari.

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In questo caso vi è ipotesi di reato di “corruzione attiva” in virtù dell’ex articolo 322-ter del codice penale, diventando il commercialista corresponsabile dell’azione illecita a scopo di profitto. Questo, nonostante la legge ne asserisca la non imputabilità, visto che il commercialista ha comunque l’obbligo di escludere dalla dichiarazione dei redditi, per esempio, eventuali oneri non provvisti di documentazione giustificativa (Cassazione 9916/2010).