Apertura sul ritardo dei pagamenti della PA: la Commissione UE è pronta a valutare con l’Italia un piano biennale di rientro dei debiti pregressi accumulati dalla Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese (71 mld di euro), tale che non impatti sul rispetto dei parametri comunitari sui conti pubblici.
Lo hanno annunciato congiuntamente i vicepresidenti della commissione di Bruxelles Olli Rehn, commissario agli Affari Economici, e Antonio Tajani, Industria e Imprenditoria, alla luce del poco efficace – sebbene precoce – recepimento della Direttiva UE in Italia:
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La direttiva – che impone pagamenti in 30 giorni ai pagamenti della PA – si applica ai contratti stipulati dal primo gennaio 2013, lasciando fuori quelli contratti conclusi prima. Per questo, si impone una decisione che faciliti lo smobilizzo delle somme, ingenti, dovute alle imprese.
Smobilizzo debiti PA pregressi
Una «soluzione realistica», spiegano Tajani e Rehn, «deve prevedere un piano di liquidazione che porti in tempi brevi il debito pregresso a livelli non attribuibili a ritardi nei pagamenti (livelli fisiologici). Questo, tramite adeguate misure contro il rischio di comportamenti opportunistici (azzardo morale) da parte delle pubbliche amministrazioni titolari del debito pregresso».
Il problema è che «la liquidazione del debito commerciale pregresso si rifletterebbe in un corrispondente aumento nel debito pubblico. La parte di questo corrispondente a spesa per investimenti avrebbe anche un impatto sul deficit pubblico». E l’Italia, impegnata in un difficile percorso di riequilibrio dei conti nel rispetto dei parametri europei, rischierebbe lo sforamento.
Ma, aggiungono i due commissari, «il Patto di Stabilità e Crescita permette di prendere in considerazione fattori significativi in sede di valutazione della conformità del bilancio di uno Stato membro con i criteri di deficit e di debito del Patto stesso» e «in tale ambito, la liquidazione di debiti commerciali potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti».
Quindi, «la Commissione è pronta a cooperare con le autorità italiane per aiutare l’attuazione tecnica del piano di liquidazione del debito commerciale pregresso e accoglierebbe con favore la disponibilità di informazioni più dettagliate ed aggiornate sull’attuale ammontare di tale debito da parte di ogni livello di amministrazione pubblica».
Dunque, si apre uno spiraglio per poter far affluire i soldi alle imprese senza rischiare lo sforamento del bilancio.
Ora la parola passa all’Italia, dove gli interventi 2012 non hanno portato i benefici sperati: la certificazione dei crediti (che permette di farsi anticipare i soldi dalle banche, oppure di portarli in compensazione), ha di fatto sbloccato solo 3 miliardi in otto mesi.
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L’orientamento espresso dalla UE si basa sulla consapevolezza che da una parte la «ripresa dell’economia europea deve poggiare sulle solide basi di finanze pubbliche sane», dall’altra bisogna «incoraggiare gli investimenti produttivi e ristabilire i flussi di prestito all’economia reale».
Sta invece succedendo che «condizioni di finanziamento eccessivamente restrittive, soprattutto nei Paesi meridionali quali Spagna, Portogallo e Italia, stanno ostacolando il flusso di credito verso le famiglie e le imprese» e «questo frena la crescita delle esportazioni e l’attività economica».
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Tajani e Rehn esprimono la necessità di sostenere competitività delle imprese e rilancio dell’occupazione attraverso altre misure: ad esempio, ridurre gli oneri amministrativi e insistere sulle semplificazioni per le imprese.