Entro il 16 marzo tutti gli Stati Membri devono recepire la Direttiva UE (2011/7/UE) che obbliga la PA al saldo in 30 giorni, ed anche se l’Italia l’ha già recepita, il ritardo dei pagamenti alle imprese da parte della Pubblica Amministrazione resta una piaga del sistema economico italiano.
Oltre all’SOS lanciato da Confindustria ed ANCE, anche il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani ha chiesto al Governo di rivedere la norma di recepimento, che lascia troppo spazio alla possibile deroga per dilazionare i pagamenti fino a 60 giorni.
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Non solo: visto che le PMI «trovano particolari difficoltà a far rispettare il loro diritto ad essere pagate tempestivamente», Tajani ha annunciato che l’Europa vuole «ragionare a un piano di rientro dei crediti vantati dalle imprese verso la pubblica amministrazione in tempi rapidi e certi».
La norma nella UE
La PA deve pagare entro 30 giorni (in casi particolari 60), mentre le imprese devono saldare le fatture entro 60 giorni di calendario, a meno che non siano presenti clausole contrattuali esplicitamente diverse, che però non possono essere gravemente inique per i creditori.
Il diritto a chiedere gli interessi sui ritardi è automatico, ed è previsto anche un indennizzo minimo fisso di 40 euro per i costi di recupero dei pagamenti. Il tasso di interessi di mora per i ritardi è di almeno otto punti percentuali sopra il tasso di riferimento BCE.
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La situazione in Italia
Per il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il ritardo dei pagamenti in Italia è «una vera emergenza», ribadendo le proposte già avanzate al Governo nel Piano per la Crescita presentato dagli industriali nel corso delle recente campagna elettorale (leggi qui): pagare nei primi 90 giorni del nuovo governo una quota di arretrati (48 miliardi dei 71 di debito) per ridare liquidità alle aziende e generare 10 miliardi di investimenti nei prossimi anni.
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L’associazione dei costruttori ANCE ha lanciato invece un appello da parte di tutte le sigle datoriali della filiera dell’edilizia per definire un piano di rientro dei debiti pregressi della PA.
Il presidente Paolo Buzzetti ha definito «un flop» la certificazione dei crediti avviata nel 2012, che ha sbloccato solo 3 milioni in otto mesi.
Alla piattaforma elettronica che il ministero dell’Economia ha creato per richiedere la certificazione, al 31 gennaio 2013 erano iscritte 1.227 e 289 imprese ed erano state rilasciate 71 certificazioni (per un totale appunto di 3 milioni di euro).
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Diversi i motivi per cui il sistema va a rilento: non ci sono procedure vincolanti e sanzioni per gli enti locali, imprese e banche segnalano criticità nel sistema di iscrizione e nelle modalità di accesso.