Nel 2007 l’Unione Europea ha riconosciuto la mancanza dei necessari intermediari, capitale e ambiente giuridico e finanziario consoni al completo sviluppo del potenziale del microcredito nella UE, pubblicando la Comunicazione della Commissione Un’iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell ‘ occupazione.
A due anni di distanza, il Fondo europeo degli investimenti (FEI) ha pubblicato un rapporto sul mercato del microcredito (Microfinance in Europe, A Market Overview) che dimostra come nelle imprese più piccole il tasso di sopravvivenza è proporzionale alla disponibilità di microcredito, determinante per la creazione di occupazione, per l’inclusione sociale e per la crescita dell’economia.
Stiamo parlando di quella forma di prestito inferiore o pari a €25.000, particolarmente adatto alle esigenze di chi ha difficoltà di accesso ai canali di credito tradizionali – come le microimprese che occupano meno di 10 impiegati o i lavoratori autonomi – per “fare impresa” e creare occupazione.
Prestiti in Europa
La cosa importante è che i beneficiari utilizzino produttivamente i prestiti ricevuti; al contrario, avrebbero solo l’effetto di accrescerne l’indebitamento. Le operazioni di microcredito dovrebbero quindi riferirsi ai “poveri attivi“, che cioè posseggono le capacità tecniche e imprenditoriali per generare flussi di cassa e ripagare i propri debiti.
Nella UE a 27, le piccole e medie imprese con meno di 250 addetti sono quasi 20 milioni (il 99% sul totale) ed impiegano circa 65 milioni di lavoratori.
La stragrande maggioranza di esse sono microimprese (91%) che operano in settori tradizionali (costruzioni, turismo, commercio e distribuzione, ecc.) ed impiegano il 50% della forza lavoro totale.
Il 99% delle start-up create ogni anno (circa 2 milioni) è rappresentato da micro o piccole imprese per un terzo lanciate da persone inoccupate.
Nell’Unione Europea la domanda di microcredito risulta tuttavia ancora ampiamente insoddisfatta. Una tendenza da invertire ma alla luce di una proficua distinzione tra microcredito produttivo e prestito indifferenziato, che dovrebbe essere tenuta a mente nel momento in cui si decide di implementare politiche per aumentare i volumi di sostegno al primo.
Andando ad osservare i dati 2005-2007, si evidenzia l’incremento di prestiti accordati (da 27.000 a 42.750, +14%) e di ammontare impiegato (da 210 milioni di euro a 394 milioni, +32%), con una conseguente crescita media delle cifre dei microprestiti erogati. da 7.700 euro nel 2005 agli 11.000 euro nel 2007.
Da quanto emerso, le istituzioni specializzate nel sostegno alle imprese e alla creazione di occupazione tendono a prestare maggiori somme di denaro rispetto a quelle focalizzate sull’inclusione sociale e finanziaria.
Nell’Europa Occidentale la crescita in questo settore è stata piuttosto limitata sebbene il microcredito abbia radici profonde per via di istituzioni come le Raiffeisen e le casse di risparmio in Germania, le charities nel Regno Unito e le casse rurali in Italia: rimane un fenomeno giovane e percepito come strumento di crescita economica e coesione sociale. Molte piccole imprese ancora non riescono ad accedere alle risorse finanziarie malgrado l’esistenza di una rete bancaria altamente sviluppata.
I dati dimostrano comunque una tendenza favorevole in Europa Occidentale. Nel 2007, su un controvalore di 394 milioni di euro di prestiti accordati, il 76% è stato erogato da istituzioni europee dell’Ovest.
Istituzioni di microcredito
Per quanto riguarda gli enti, è in atto un processo di trasformazione secondo cui le organizzazioni non governative, che sostengono la propria attività attraverso donazioni private o forme di sussidio pubblico evolvono in istituzioni finanziarie regolamentate formalmente.
Il mercato della microfinanza in Europa è ancora giovane e molti operatori sono piuttosto piccoli – secondo il FEI, circa il 70% degli operatori impiega meno di 5 persone – e la maggior parte non eroga più di 100 prestiti l’anno.
Gli operatori, a loro volta, possono erogare microcrediti come attività primaria (35%) e secondaria (per il 46% di essi, il rappresenta meno del 25% della loro attività e per il 61% di essi meno del 50%).
Non c’è un modello di business comune, e gli operatori risultano essere per lo più ONG (28%), fondazioni (26%), istituzioni pubbliche (17%), banche, casse di risparmio, e altre istituti di credito (28%).
A livello di modello di business, in generale, emergono 4 categorie:
- prime 150 istituzioni di microcredito, mature e ben conosciute, la maggior parte delle quali già istituzioni finanziarie formalmente regolamentate e finanziariamente solide;
- istituzioni piccole, meno conosciute, la maggioranza delle quali ha richiesto alle autorità preposte degli Stati membri di diventare istituzioni finanziarie formalmente regolamentate;
- organizzazioni non governative, quasi profittevoli (circa il 20%);
- start-up, la maggior parte delle quali non profittevole e non focalizzate sul microcredito (circa il 70%).
Le più importanti sono al momento la francese Aide, creata da volontari e operante in partnership con le banche, la finlandese Finnvera, nata su iniziativa del governo, e la polacca Fundusz Mikro, che ha ricevuto un significativo finanziamento dall ‘ agenzia USAID per avviare la propria attività.
La Garanzia CIP
Attraverso il FEI, l’Unione Europea garantisce parzialmente i microcrediti erogati dalle istituzioni finanziarie locali alle microimprese.
Nell ‘ Ambito del Programma per la competitività e l’innovazione (CIP) 2007-2013, lo Strumento di garanzia a favore delle Piccole e medie imprese (SMEG) prevede uno specifica linea di sostegno al microcredito (Micro-credit Guarantee Window).
Nell’ambito di questo strumento, il FEI può emettere una garanzia diretta ai microcreditori o una controgaranzia agli intermediari che operano a favore delle istituzioni di microcredito.
La garanzia emessa può coprire fino al 75% di ciascuna operazione di finanziamento della durata massima di 5 anni.