Il telelavoro è considerato strumento ideale per migliorare il rapporto costi/benefici nelle aziende con poche risorse economiche, come le Pmi, garantendo elevata produttività a budget ridotto. Tuttavia nelle aziende italiane si conferma la scarsa propensione a concedere fiducia al “lavoro da casa”, che rimane solo sulla carta una possibilità di impiego.
L’Italia si ferma a fondo classifica con il 2,3% di telelavoratori, di cui solo lo 0.5% a tempo pieno. Lo rivela uno studio Eiro, Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e lavoro.
Il rapporto Eiro ha analizzato lo stato di 30mila lavoratori appartenenti a 31 paesi, anche extra Unione Europea.
Si può parlare di vero telelavoro quando il dipendente ha facoltà di svolgere almeno un quarto delle attività al di fuori delle mura aziendali, utilizzando strumenti elettronici di comunicazione come posta elettronica, telefonoa e Internet.
I paesi più virtuosi sono Danimarca (14,4%), Belgio (13%), Lettonia (12,2%), Paesi Bassi (12%) e a sorpresa Repubblica Ceca dove la percentuale di telelavoratori raggiunge il 15,2%.
Oltre all’Italia, invece sotto la media sono risultati anche Spagna (6,9%), Lituania (6,8%), Slovenia (6,7%), Germania (6,7%), Francia (5,7%), Cipro (5,7%), Lussemburgo (4,8%), Irlanda (4,2%), Ungheria (2,8%), Romania (2,5%), Portogallo (1,8%), Bulgaria (1,6%) e Malta (circa zero).