In caso di mancato versamento IVA, il Fisco può procedere con il sequestro di beni per l’equivalente delle somme non pagate, anche se il professionista o l’impresa ha ottenuto la sospensione della cartella di pagamento ma non riesce a pagare a causa delle difficoltà provocate dalla crisi. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9578 del 2013: un’interpretazione più rigida della materia fiscale rispetto ad alcuni pronunciamenti più morbidi verso le imprese in crisi.
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Nel caso in questione, la Cassazione ha respinto il ricorso di un contribuente contro un sequestro preventivo di beni per un ammontare equivalente a quello dell’omessa IVA nel corso di un periodo di imposta. Il contribuente opponeva difficoltà finanziarie causate dalla crisi, documentandole.Per la Corte la giustificazione è stata irrilevante, perché una corretta impostazione imporrebbe di accantonare le somme dovute al Fisco: utilizzarle per pagare un fornitore significa realizzare un’impropria commistione, che rappresenta un reato.Altre sentenze si erano dimostrate più possibiliste:
- Tribunale di Milano, novembre 2012 (sentenza 2818): una comprovata difficoltà economica dell’azienda può determinare l’assoluzione dal reato di omesso versamento IVA.
- Tribunale di Firenze, estate 2012: il mancato versamento IVA per un solo periodo d’imposta non comporta reato penale se persistono difficoltà economiche dopo aver definito un piano di rientro.
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La Cassazione resta invece intransigente: la Suprema Corte ritiene che aver patteggiato un piano di rientro con l’Agenzia delle Entrate non faccia venir meno il reato penale (che scatta oltre i 50mila euro di IVA evasa per periodo di imposta): il reato è punibile anche con la reclusione, da sei mesi a due anni.