Il contributo obbligatorio ASPI – la nuova assicurazione per l’impiego che ha preso il posto dell’indennità di disoccupazione, introdotta dalla Riforma del Lavoro (Legge 92/2012) – riguarda le sole imprese e non tutti i datori di lavoro: in caso di licenziamento di collaboratori domestici, per esempio, non è dovuto.
=>Leggi come si applica l’ASPI: indennità e tutele
A chiarirlo è il Ministero del Lavoro, che specifica l’inapplicabilità della tassa di licenziamento nel caso in cui i datori di lavoro siano famiglie che assumono collaboratori domestici, diversamente da quanto sembrava fino a poche settimane fa. Il contrordine è frutto del confronto tra tecnici del Ministero e sindacati.
Il dubbio nasceva dall’applicazione del versamento della nuova tassa all’INPS: il contributo prevede un versamento la cui somma viene calcolata in modo indipendente dalle ore di lavoro effettivamente previste dal contratto.
Questo significa che per un collaboratore domestico (colf, badanti o tate…) che lavora solo poche ora a settimana il datore di lavoro avrebbe dovuto versare la stessa cifra delle imprese con dipendenti impiegati per 40 ore settimanali.
=>Scopri a quali lavoratori spetta l’ASPI
L’INPS proponeva un decreto ad hoc per modificare la norma (cosa impossibile sotto elezioni). Il Ministero ha preferito chiarire semplicemente che i datori di lavoro che licenziano collaboratori domestici sono esonerati dal contributo ASPI.
Ricordiamo che l’introduzione di ASPI e Mini-ASPI fa parte dei nuovi ammortizzatori sociali entrati in vigore da gennaio 2013, per mezzo dei quali vengono riformate le tutele per i lavoratori, compresi i giovani precari.
=> Scopri i nuovi ammortizzatori della Riforma del Lavoro
In caso di contratto a tempo indeterminato la tassa dovuta da parte del datore di lavoro che licenzia è pari al 41% del massimale mensile ASPI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, come previsto dall’articolo 2 comma 31 della Riforma del Lavoro Fornero.
=>Leggi la Guida INPS sull’applicazione dell’Aspi in azienda
Da precisare che la tassa va pagata solo in caso di licenziamento, non è dovuta invece per le dimissioni del lavoratore o la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.