Eurostat ha diffuso le rilevazioni statistiche sulla disoccupazione nella UE-16, registrando un drammatico 10%, in salita rispetto a ottobre e dato record dal 1998. Anche nella Ue-27 i disoccupati sono in aumento: il 9,5%, della popolazione pari a 22,8 milioni di cui 15,7 nell’Eurozona.
Cosa vuol dire per le aziende? Le cause: riduzione dei budget, pessimismo imprenditoriale, ridimensionamento dei piani di investimento. Le conseguenze: contratti di lavoro più precari e più cassa integrazione per tutti.
Secondo Eurostat, anche l’Italia non brilla per ripresa dell’occupazione: 8,3% di disoccupazione generale, e 26,5% di quella giovanile. Le ripercussioni? Gli organici in azienda diventano carenti di skills, di eccellenze e nuova linfa.
Secondo Unioncamere le Pmi italiane sarebbero più ottimiste per il 2010, investendo nella ripresa attraverso alta formazione, nuove iniziative sui mercati esteri e piani di sviluppo fondati su qualità e innovazione. In teoria.
In pratica, la crisi del credito continua a mietere vittime e generare un’amara insoddisfazione degli imprenditori dinanzi all’inefficacia degli accordi con le banche e alla persistente incidenza di richieste di prestito respinte.
Come sarà dunque il 2010 in termini di investimenti, anche e soprattutto in talenti e risorse umane? In figure qualificate in grado di risollevare le sorti di aziende che annaspano in mercato saturi e inflazionati, dove la domanda stenta a decollare?
«Per le piccole e medie imprese italiane, anche le migliori, il 2010 sarà più duro del 2009» Questo il laconico commento di Pier Francesco Guarguaglini, numero uno di Finmeccanica.
Allo stesso tempo, però, si ribadisce il ruolo strategico delle Pmi italiane, che «hanno l’innovazione continua nel Dna. Cercano di trarre il meglio dalla tecnologia e, per riuscirci, collaborano con le università e i centri di ricerca. Inoltre, si distinguono per la capacità di adattamento e flessibilit». Non resta che rimboccarsi le maniche e far da sè…